Alcuni tra i paesi produttori di petrolio hanno firmato un importante accordo per congelare la produzione di petrolio allo scopo di far risalire i prezzi, che dal giugno del 2014 stanno continuano a crollare vertiginosamente.
Il 16 febbraio 2016, a Doha i ministri del petrolio di Arabia Saudita, Russia, Venezuela e Qatar hanno infatti firmato l’accordo che rappresenta un progresso ma lascia scettici gli analisti.
Potrebbe essere il primo accordo del genere da 15 anni a questa parte, e prevederebbe il congelamento della produzione ai livelli di gennaio 2016.
I prezzi del petrolio sono crollati del 70 per cento fino ad oggi dal loro picco più recente di 116 dollari al barile nel giugno 2014. Il prezzo del 16 febbraio era salito a 35,55 dollari al barile, aprendo spiragli positivi per l’accordo, ma oggi è sceso di nuovo a 32,15 dollari.
Oggi invece i ministri del petrolio di Venezuela, Iraq e Qatar incontreranno a Teheran il ministro iraniano per convincerlo a sottoscrivere l’accordo.
L’Iran ha però già detto che porterà avanti una linea dura. Teheran vorrebbe infatti aumentare la sua produzione fino a raggiungere i livelli precedenti all’imposizione delle sanzioni internazionali e non al contrario congelarla.
“Chiedere all’Iran di congelare il suo livello di produzione di petrolio è illogico. Quando l’Iran era sotto sanzioni, alcuni paesi hanno alzato la loro produzione causando il calo dei prezzi del petrolio. Come possono aspettarsi che ora l’Iran cooperi con loro?”, ha dichiarato l’inviato iraniano dell’Opec, Mehdi Asali.
Prima delle sanzioni, avviate nel 2012, l’Iran esportava circa 2,5 milioni di barili di greggio al giorno per poi arrivare a 1,1 milione negli anni successivi. Dalla fine delle sanzioni, a partire dal dicembre 2015, la produzione di petrolio iraniana è risalita a 2,9 milioni di barili.
Fonti vicine all’Opec parlano di condizioni speciali da concedere all’Iran in cambio della sua adesione all’accordo, senza specificare in cosa potrebbero consistere nello specifico.
L’ultimo accordo del genere era stato raggiunto nel 2001, quando l’Arabia Saudita era riuscita a convincere il Messico, la Norvegia e la Russia a tagliare la produzione di petrolio.
Paul Stevens, un esperto di mercati petroliferi del think tank Chatham House, sostiene che l’accordo non potrà avere “alcuna credibilità” ed è scettico soprattutto sul ruolo di Mosca.
La Russia, che non è membro del cartello Opec, ha rinnegato gli accordi di sulla produzione fatti in precedenza. Già nel 2001 aveva accettato di cooperare ma non aveva mai mantenuto il suo impegno, aumentando la sua produzione di petrolio.
Nonostante russi e sauditi abbiano raggiunto gli accordi sul petrolio, i rapporti tra le due potenze rimangono tesi a causa delle posizioni opposte sulla questione siriana.
La Russia appoggia infatti il regime del presidente Assad. L’Arabia Saudita, maggiore potenza sunnita della regione, sostiene invece le forze di opposizione.