Mercoledì 12 settembre 2018 il Parlamento europeo ha votato a favore dell’attivazione nei confronti di Budapest della cosiddetta ‘opzione nucleare, ossia sull’applicazione dell’articolo 7 del Trattato di Lisbona, che prevede la possibilità di sospendere alcuni diritti a uno Stato membro in caso di mancato rispetto dei valori fondanti dell’Unione europea.
La votazione si è resa necessaria dopo che la parlamentare Judith Sargentini, olandese iscritta al gruppo dei Verdi, ha presentato un rapporto in cui si evidenzia la limitazione di alcuni diritti fondamentali in Ungheria e si chiede, appunto, l’applicazione dell’articolo 7.
Le sanzioni possono arrivare fino alla cancellazione del diritto di voto del Paese nel Consiglio dell’Unione europea.
Peraltro, è molto difficile che la procedura sanzionatoria contro Budapest venga attivata: il Trattato di Lisbona prevede infatti maggioranze qualificate piuttosto difficili da raggiungere, almeno in questo caso.
L’articolo 7
L’articolo 7 del Trattato di Lisbona può essere applicato nel caso in cui si riscontri una grave violazione da parte di uno Stato membro ai valori fondati dell’Unione europea.
I valori sono indicati all’articolo 2 dello stesso trattato. L’elenco comprende il rispetto per la dignità umana, la libertà, la democrazia, l’uguaglianza, lo stato di diritto e il rispetto per i diritti umani.
Qualora risultino violati uno o più di questi valori, uno Stato può vedersi sospesi alcuni dei diritti derivanti dall’applicazione dei trattati europei, inclusi i diritti di voto del rappresentante del governo di tale Stato membro in seno al Consiglio dell’Unione europea.
Per l’applicazione dell’articolo 7 è necessario che a richiederla siano, con proposta motivata, un terzo degli Stati membri, della Commissione o del Parlamento europeo.
La votazione è articolata in tre step successivi.
Il primo voto spetta al Parlamento, dove è necessario raggiungere la maggioranza dei due terzi dei votanti e la maggioranza assoluta dei membri.
Se c’è l’approvazione da parte dell’assemblea, la palla passa al Consiglio Ue: qui avvengono i due passaggi successivi.
In prima istanza, il Consiglio si esprime sul “rischio manifesto” di una grave violazione dei diritti da parte dello Stato membro: è necessario il voto favorevole di quattro quinti dei membri.
Se si raggiungono i quattro quinti, il Consiglio è poi chiamato a votare all’unanimità l'”esistenza di una grave e persistente violazione” dei diritti da parte dello Stato.
L’opzione nucleare contro la Polonia
Dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona l’opzione nucleare è stata applicata solo una volta, nei confronti della Polonia.
La procedura è stata attivata nel dicembre 2017, dopo due anni di negoziati tra l’Unione europea e il Governo polacco, guidato dal Partito del Diritto e della Giustizia, ultranazionalista e populista, di Jaroslaw Kaczynski.
Contro Varsavia è stata avviata la procedura di infrazione in particolare a causa delle controverse riforme adottate dal Governo, in primis quella del sistema giudiziario.