Sono 76 i paesi nel mondo in cui l’omosessualità è condannata con la tortura.
Lo sostengono le Nazioni Unite in un rapporto che evidenzia che in un numero allarmante di paesi africani, asiatici e mediorientali, le relazioni consenzienti tra adulti omosessuali sono fuorilegge.
Juan Mendez, ex prigioniero politico argentino e relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, nel suo ultimo intervento al Consiglio per i diritti umani dell’Onu ha chiesto la depenalizzazione del reato di omosessualità che spesso porta alla pena di morte e legittima omofobia, odio e persecuzioni.
Secondo il rapporto esiste un chiaro legame tra la criminalizzazione delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender, l’odio fondato sull’omofobia e gli abusi da parte delle forze dell’ordine.
“Almeno 76 stati hanno leggi che criminalizzano i rapporti consensuali tra adulti dello stesso sesso, in violazione dei diritti di non discriminazione e della privacy. In alcuni casi è prevista la pena di morte”, sostiene il rapporto.
Queste leggi favoriscono un clima in cui la violenza contro le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender da parte sia delle autorità che dei privati rimane impunita.
Il rapporto afferma che nei paesi in cui l’omosessualità è criminalizzata gli uomini sospettati di comportamento omosessuale sono sottoposti a esami anali non consensuali destinati ad ottenere prove fisiche dell’omosessualità, una pratica che è medicalmente inutile ed è paragonabile alla tortura.
Il rapporto vuole fornire inoltre supporto legale ai gruppi per la tutela della dignità umana che si battono per la decriminalizzazione dell’omosessualità in tutto il mondo.
Le Nazioni Unite chiedono quindi ai paesi interessati di depenalizzare i rapporti omosessuali tra adulti consenzienti e l’abrogazione di tutte le leggi che condannano persone sulla base del loro orientamento sessuale o identità di genere.
La criminalizzazione dell’omosessualità è già vietata dal diritto internazionale.
Bisi Alimi, un attivista LGBT nigeriano che è stato costretto a lasciare la sua casa, ha commentato: “Questo rapporto conferma ciò che molti membri della comunità LGBT già conoscevano per esperienza personale. Spero e credo che questo rapporto darà peso alla voce degli attivisti che lavorano ogni giorno per sfidare le leggi barbare che esistono in Nigeria e in altri paesi il mondo”.
Leggi l'articolo originale su TPI.it