Sono 150 le persone che, dopo una cena aziendale a Oslo, sono risultate positive al Covid – 19. Colpa di un focolaio di variante Omicron. A portare il virus a passeggio potrebbe essere stato un invitato alla festa che due giorni prima era tornato dal Sudafrica. Era il 26 novembre quando si è tenuto l’evento aziendale, la nuova variante sembrava ancora così lontana, ma proprio quel giorno l’Organizzazione mondiale della Sanità l’ha definita “preoccupante”.
Gli invitati alla cena aziendale erano quasi tutti vaccinati con due dosi (89%), il 96% dei 117 partecipanti ne aveva almeno una. Nessuno aveva ricevuto la terza, “booster”. E non solo, l’organizzatore aveva chiesto anche di effettuare un test rapido. Questo è risultato negativo anche all’uomo proveniente dal Sudafrica, secondo quanto aveva riferito. Avevano un’età compresa tra i 26 e i 68, con una media di 39 anni.
Come si può leggere su Eurosurveillance, l’evento si è tenuto in una stanza al chiuso di circa 150 metri quadrati, in un ristorante, dalle 18.00 alle 22.30. In seguito, il locale è stato aperto al pubblico ospitando altre persone dalle 22.30 alle 3.00. C’è da dire anche che per gli altri clienti del locale e per i dipendenti non erano previsti certificati “verdi”, vaccinazioni o test.
A essere infettate sono state il 74% delle persone invitate alla cena, 81 partecipanti, tre su quattro. Tra queste due non erano vaccinate. Mentre altre 70 sono state contagiate quando il locale ha aperto al pubblico, 53 con Omicron.
L’uomo proveniente dal Sudafrica ha avvertito i primi sintomi circa due giorni dopo la festa, gli altri dopo tre (periodo mediano). Il sintomo più comune, secondo i dati raccolti su Eurosurveillance, è stata la tosse: circa l’83% dei contagiati l’ha avuta. Comunque, quasi tutti i casi hanno sviluppato almeno un sintomo e più della metà la febbre. Nessuno è stato ricoverato in terapia intensiva.
“Un tempo di incubazione di tre giorni è rapidissimo” ha spiegato Stefania Salmaso, dell’Associazione italiana di epidemiologia, come riportato da Repubblica. Infatti il Covid- 19 aveva un tempo di incubazione media di cinque giorni, quattro con la variante Delta. E “questo dava più tempo a chi effettuava i tamponi e ai tracciatori che dovevano ricostruire le catene di contagio”, ha detto Salmaso.
Eurosurveillance, inoltre, ha concluso confermando che l’alto tasso di trasmissione sia stato aggravato “dal contesto e dall’impostazione del focolaio (luogo al chiuso, tempo di esposizione lungo, affollamento e necessità di parlare ad alta voce)”.