Oltre 400 globicefali, piccoli cetacei, si sono arenati sulle spiagge della Nuova Zelanda nella notte tra giovedì 9 e venerdì 10 febbraio 2017 e 300 di loro sono morti. Volontari e attivisti sono accorsi per tentare di salvare i superstiti.
Il dipartimento per la Salvaguardia della fauna selvatica ha reso noto che si tratta di uno degli episodi più gravi per numero di animali coinvolti e gli scienziati faticano a spiegarsi le ragioni del fenomeno, anche se sono state avanzate diverse ipotesi.
Quando le balene sono anziane, malate o ferite, o quando commettono errori di navigazione può succedere che finiscano sulle spiagge. A volte, una balena spiaggiata lancia un segnale alle compagne che si dirigono verso di lei per aiutarla trovandosi a loro volta intrappolate.
Volontari e veterinari sono accorsi a Farewell Spit, sull’isola meridionale neozelandese, alle prime ore di venerdì per tentare il salvataggio degli esemplari ancora in vita tra i 416 che si sono arenati: dopo aver riportato le balene in acqua, una catena umana cerca di spingerle verso una profondità maggiore in modo che non tornino verso la spiaggia.
Non è la prima volta che si verifica un episodio simile in questa località: nel febbraio del 2015 circa 200 balene si spiaggiarono e la metà di loro morì. La Nuova Zelanda ha uno dei tassi di arenamento di cetacei più alti al mondo, con una media di 300 tra delfini e balene che finiscono sulle sue spiagge ogni anno.
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