NEW YORK – Alla fine del 2016 scadrà, dopo dieci anni, il mandato del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon e tra qualche mese, verosimilmente intorno ad ottobre, scopriremo chi gli succederà.
La procedura di selezione, di per sé semplice, è stata a lungo criticata per la sua poca trasparenza: l’Assemblea Generale è, nella sostanza, chiamata a ratificare una raccomandazione del Consiglio di Sicurezza, presa a porte chiuse e soggetta al vincolo del veto.
Ciò ha significato che la scelta sia spesso ricaduta su colui che meglio rappresentava il minimo comune denominatore tra gli interessi dei cinque membri permanenti.
Questa volta le cose sembrano essere migliorate. L’attuale presidente dell’Assemblea Generale, il danese Mogens Lykketoft, ha chiesto che il processo di selezione si svolga nel modo più aperto possibile, invitando gli stati membri a presentare formalmente le proprie candidature e promuovendo, con l’aiuto di una serie di Ong accreditate presso le Nazioni Unite, un dibatto pubblico come mai era avvenuto prima.
I candidati, alcuni più di altri, stanno dunque dando vita ad una competizione pubblica, presentando apertamente le proprie piattaforme e partecipando attivamente al dibattito sul futuro dell’organizzazione.
Sebbene, quindi, il processo decisionale sia rimasto inalterato, il risultato è stato che ben dodici stati membri hanno ufficialmente presentato un candidato. Al momento, sono ancora in corsa in undici, dopo il recente ritiro dell’ex-ministro degli Esteri della Croazia, Vesna Pusić.
Inoltre, benché sia tecnicamente possibile per il Consiglio di Sicurezza raccomandare un nome diverso rispetto agli undici candidati, sembra difficile, a meno di una situazione di grave impasse, che il nono segretario generale dell’Onu verrà scelto al di fuori di questa rosa di undici. Ma ci arriviamo dopo.
Chi sono dunque i candidati in corsa e, soprattutto, chi ha maggiori chance di successo? Al momento risultano candidati Irina Bokova (Bulgaria), attuale Direttore Generale dell’Unesco; Helen Clark (Nuova Zelanda), ex-primo ministro e Amministratore del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (Undp); Christiana Figueres (Costa Rica), Segretario Esecutivo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc).
Natalia Gherman (Moldavia), ex ministro degli Esteri; António Guterres (Portogallo), ex primo ministro ed ex Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati; Vuk Jeremić (Serbia), ex ministro degli Esteri ed ex presidente dell’Assemblea Generale Onu; Srgjan Kerim (Macedonia), ex-Ministro degli Esteri ed ex presidente dell’Assemblea Generale Onu.
Miroslav Lajčák (Slovacchia), attuale Ministro degli Esteri; Igor Lukšić (Montenegro), attuale Ministro degli Esteri; Susana Malcorra (Argentina), attuale Ministro degli Esteri ed ex-Capo di Gabinetto di Ban Ki-moon; ed infine Danilo Türk (Slovenia), ex presidente della Repubblica.
Sarà saltato immediatamente all’occhio che ben sette candidati su undici provengono da paesi dell’est Europa e dai Balcani. Questo perché i Paesi del gruppo regionale dell’Est Europa (Eurest), sono gli unici a non aver ancora mai espresso un Segretario Generale dell’Onu e quindi, secondo un criterio dell’alternanza (pur non vincolante), al Palazzo di Vetro si è a lungo dato per scontato che il prossimo Segretario Generale sarebbe provenuto proprio dal quel gruppo regionale.
Sono, inoltre, in molti a sostenere che sia finalmente arrivato il momento di eleggere una donna alla guida dell’Onu: sono cinque le candidate in corsa, due delle quali proprio dell’Eurest.
Tra tutti, la favorita è sembrata a lungo essere la bulgara Irina Bokova, che gode di una lunga esperienza internazionale ed è stata apprezzata come direttore generale dell’Unesco. Sembrava, inoltre, essere la più adatta a mettere d’accordo i P5 (il fatto che sia più apprezzata a Mosca rispetto alla commissaria europea bulgara, Kristalina Georgieva, anch’ella considerata una possibile candidata ‘pesante’, ha fatto propendere Sofia per la candidatura proprio di Bokova).
Eppure, dopo il primo “straw poll”, tenutosi a porte chiuse tra i membri Consiglio di Sicurezza lo scorso 21 luglio, la situazione sembra essere più complessa di quanto ci si aspettasse. Questo, dice Politico, perché sebbene Bokova piaccia a Mosca più di Georgieva, l’opposto sarebbe vero a Washington. Bokova rischia infatti di dover scontare il fatto di essere stata educata nella capitale russa e di aver avuto un padre che è stato un altro funzionario del Partito comunista bulgaro.
Nel primo “straw poll”, dunque, una consultazione durante la quale i membri del Consiglio di Sicurezza “incoraggiavano”, “scoraggiavano” o non esprimevano una posizione, sulle varie candidature, un po’ a sorpresa è emersa soprattutto la solidità della candidatura del portoghese Guterres, che stando a fonti Onu (i risultati non sono stati diffusi ufficialmente, ma sono stati comunicati ai candidati), avrebbe raccolto 12 espressioni di incoraggiamento a fronte di 3 neutre e 0 negative.
Al secondo posto è giunto lo sloveno Türk, che ha ottenuto 11 espressioni di incoraggiamento, 2 neutre e 2 negative. A seguire, Bokova (9-2-4), Jeremić e Kerim (9-1-5), Clark (8-2-5) e Malcorra (7-4-4). Poi tutti gli altri, con la croata Pusić che dopo sole due espressioni favorevoli e in ultima posizione ha deciso, come detto, di ritirarsi.
Il 5 agosto, il Consiglio di Sicurezza ha ripetuto l’esercizio e la situazione ha presentato uno scenario ancora nuovo. Guterres (11-2-2) è risultato ancora in testa, ma ha perso consensi e ha ricevuto due “posizioni sfavorevoli”. In seconda posizione è arrivato il serbo Jeremić (8-3-4), seguito dall’argentina Malcorra (8-1-6), che ha guadagnato un “sostegno” ma ha visto anche aumentare il numero delle “posizioni sfavorevoli”. A seguire, Bokova (7-1-7), Türk (7-3-5) e Clark (6-1-8), che hanno perso considerevole consenso.
Il 29 agosto, si terrà quindi una nuova consultazione e sarà probabilmente decisiva per alcuni dei candidati dati inizialmente per favoriti. Irina Bokova è in difficoltà e dovrà convincere Washington (ma anche Londra) di non essere una candidata troppo vicina al Cremlino.
Inoltre, la competizione interna con Kristalina Georgieva, potrebbe averla danneggiata: le sue quotazioni sono quindi date in calo. Hellen Clark, candidata ben vista dai P3 e nell’area Pacifica, nonché dotata di grande esperienza internazionale, sia per via dei dieci anni trascorsi da primo ministro in Nuova Zelanda sia grazie al periodo da amministratore di una delle agenzie Onu più importanti, Undp, il programma di sviluppo delle Nazioni Unite, potrebbe doversi ritirare se non dovesse riuscire ad invertire nettamente la tendenza. Voci interne dicono, peraltro, che a Mosca non tengano Clark in grandissima considerazione.
Da non sottovalutare è, invece, la candidatura di Susana Malcorra. L’attuale ministra degli Esteri argentina si è candidata molto tardi (ufficialmente solo a maggio 2016) e lo ha fatto solo dopo aver visitato Washington (che pare gradirla particolarmente), Mosca e Pechino nel giro di un mese.
Malcorra conosce molto bene il Palazzo di Vetro: ha ricoperto per circa tre anni il ruolo di capo di gabinetto di Ban Ki-moon e in precedenza aveva presieduto il ‘Department of Field Support’ delle Nazioni Unite. Nel suo periodo onusiano si è fatta apprezzare per il suo approccio da problem-solver dietro le quinte e, come riporta Foreign Policy, come una “burocrate decisa e pragmatica”.
Quindi cosa potrebbe fermarla? La sua nazionalità argentina potrebbe non attrarre i favori di Londra per via della disputa sulle Falkland, anche se Malcorra, ha più volte garantito (e dimostrato) che sarebbe in grado di essere imparziale.
Non gioca a suo favore neppure il fatto che Wikileaks abbia portato alla luce un atteggiamento molto, forse troppo, accomodante nei confronti degli americani, favorendone nomine in ruoli chiave all’Onu (alcuni dicono però che Malcorra sia accodante con tutti i grandi broker dell’organizzazione).
Il fatto, infine, che rischi di apparire come una candidata in eccessiva continuità con il decennio di Ban, non esattamente visto come un grande successo, non la avvantaggia.
Inoltre, per quanto in molti chiedano che sia una donna la prossima ad occupare l’ufficio al 38mo piano del Palazzo di Vetro, ad iniziare da 56 stati membri che hanno firmato una petizione a riguardo e da ultimo anche lo stesso Ban Ki-moon, il quale ha dichiarato che “è arrivato il momento per un segretario generale donna”, due candidati uomini sembrano essere, un po’ a sorpresa, in leggero vantaggio.
L’enfant prodige della politica serba Vuk Jeremić, laureato ad Harvard, ex ministro degli Esteri, nonché 67mo presidente dell’Assemblea Generale dell’Onu, sembra, infatti, aver recuperato consensi.
Non dispiacerebbe ai russi, ma le sue posizioni particolarmente nazionaliste e intransigenti sulla questione kosovara, tenute da ministro degli Esteri, potrebbero suscitare qualche perplessità nel gruppo dei paesi dell’Europa occidentale e Altri (Weog): quattro dei cinque membri del Consiglio di Sicurezza del Weog hanno infatti riconosciuto l’indipendenza del Kosovo (oltre ai P3, anche la Nuova Zelanda), mentre la Spagna è la sola a non averlo fatto.
Infine c’è Guterres: una lunga esperienza da primo ministro del Portogallo e una grande conoscenza degli ambienti onusiani, grazie anche all’apprezzato lavoro da Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (posizione ora ricoperta dall’italiano Filippo Grandi, che lo ha sostituito lo scorso novembre).
Guterres, che come riportato da Foreign Policy è stato definito da un diplomatico di un paese membro del Consiglio di Sicurezza come “l’uomo da battere”, ha ottenuto ben 13 espressioni di favore e nessuna contraria nel primo “straw poll” e 11 di favore e 2 contrarie nel secondo.
Qualora uno dei “nuovi oppositori” fosse la Federazione Russa, Guterres rischierebbe molto. I russi vogliono infatti che il prossimo Segretario Generale provenga dall’Eurest e sembra difficile possano accettare, in ogni caso, qualcuno proveniente dal Gruppo Weog (ragione per cui anche Hellen Clark avrebbe molto faticato). Eppure, sappiamo per certo che i russi non hanno votato no al primo “straw poll”, volendo forse testare il terreno per una candidatura che sembra rispettare tutti i requisiti necessari, eccetto quelli non scritti di genere e di provenienza geografica.
Ricapitolando: ai russi non dispiacerebbe Jeremić, o eventualmente Bokova, e agli americani Malcorra o eventualmente Guterres, che comunque piace quasi a tutti, ma potrebbe non piacere ai russi, che hanno il diritto di veto. In ogni caso, se uno di questi quattro dovesse diventare segretario generale, vorrà dire che Russia e Stati Uniti saranno state in grado di venirsi incontro. Più difficile decifrare le posizioni di Francia, Gran Bretagna e Cina. Con lo “straw poll” del 29 agosto ne sapremo certamente di più e il campo dovrà necessariamente sgombrarsi, mietendo vittime illustri.
Difficile, invece, immaginare che altri candidati possano inserirsi nella corsa a questo punto: vorrebbe dire che sarebbe stata raggiunta una complicata situazione di impasse. Dunque, l’ex-primo ministro australiano laburista, Kevin Rudd, che aveva tentato di inserirsi all’ultimo momento non è poi stato candidato dall’attuale governo conservatore (peraltro, la sua candidatura non aggiungerebbe nulla rispetto a quella di Hellen Clark, che conosce meglio gli ambienti onusiani ed è pure donna).
Nomi più altisonanti come quelli di Merkel, Mogherini o addirittura Romano Prodi, per motivi diversi, sono fuori tempo massimo. Angela Merkel, il cui nome è circolato sulla stampa internazionale qualche tempo fa, non sembra interessata alla posizione, come anche Federica Mogherini.
La candidatura di Prodi non sembra essere mai davvero interessata al governo italiano e, in ogni caso, sarebbe molto simile, come profilo, a quella di Guterres. L’unica outsider che vanta delle possibilità sarebbe proprio Kristalina Georgieva: se i russi dovessero insistere su un candidato espressione del proprio gruppo regionale, i P3 potrebbero rilanciare con il nome dell’attuale commissaria europea al Bilancio e alle Risorse umane. A quel punto, a Mosca potrebbero dover decidere tra una candidata vista come troppo europeista o un candidato di un altro gruppo regionale. Stay Tuned.
*A cura di Elia Nigris
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