È soprannominato Terminator, ed è facile capire il perché. È sotto processo alla Corte Penale Internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità. Dieci capi d’imputazione che comprendono stupri, omicidi, reclutamento di bambini soldato e riduzione in schiavitù a scopi sessuali. Fino a oggi era uno dei simboli dell’impunità dei signori della guerra africani.
“La settimana scorsa l’ho visto sul campo di battaglia”, ha riferito il colonnello Innocent ‘India Queen’ Kahina, miliziano del movimento M23 all’agenzia di stampa Associated Press. “Gli abbiamo anche sparato, ma è riuscito a evitarci”.
Qualche giorno dopo, a sorpresa, Bosco Ntaganda è fuggito dal Congo e si è presentato ai cancelli dell’ambasciata americana di Kigali, in Rwanda.
Per anni ha scorazzato indisturbato per le strade di Goma, frequentando circoli e ristoranti d’elite, conducendo una vita di lusso e frequentando esponenti politici, diplomatici e imprenditori di primo livello. Il tutto garantito dalla protezione concessagli dal presidente congolese Joseph Kabila.
Rapporti delle Nazioni Unite affermano che il generale Ntaganda abbia accumulato un’enorme ricchezza nel Nord Kivu, la regione orientale della Repubblica Democratica del Congo. Una zona al confine con Rwanda e Uganda, dove da anni si intrecciano scontri etnico-tribali e lotte per il controllo delle risorse naturali. L’area è ricca di minerali come il coltan, usato nella produzione di telefoni cellulari e computer. Qui Terminator ha costruito il suo potere, estorcendo denaro e istituendo arbitrariamente tasse sulle miniere e checkpoint stradali.
Nato in Rwanda circa 40 anni fa, a 17 anni intraprende la sua carriera militare, arruolandosi nei ribelli del Rwandan Patriotic Front (oggi al potere in Rwanda), sotto il comando dell’attuale presidente Paul Kagame.
Ntaganda sarà, nel tempo, alternativamente un soldato regolare e un ribelle. Prima con i miliziani dell’Union of Congolese Patriots, sotto la guida di Thomas Lubanga (oggi in carcere, condannato dalla Corte Penale Internazionale), poi con le milizie del Congrès National pour la Défense du Peuple. Nel 2009 firma un accordo di pace con Kinshasa ed è integrato, con i suoi fedelissmi, nell’esercito regolare congolese. Kabila lo promuove generale, e ha il comando su circa 50 mila soldati.
Tre anni più tardi diserta, si rifugia sulle colline del Nord Kivu e crea il movimento ribelle M23, che nei mesi scorsi ha creato non pochi problemi al governo centrale, occupando la città di Goma. Il Congo ha rischiato, a novembre, di sprofondare in un nuovo conflitto su scala internazionale.
Da lì in poi il cerchio si stringe, e inizia il declino di Terminator. I motivi della diserzione sono ufficialmente dovuti al malcontento dei suoi uomini per le condizioni di vita e i bassi stipendi. Ci sono state frizioni interne al movimento M23, che hanno portato alla rottura tra gli uomini di Ntadanga e quelli del capo militare Sultani Makenga, più disponibili a trattare con Kinshasa. Veri e propri combattimenti, dai quali sembra sia stato Terminator a uscirne con le ossa rotte.
E poi il deterioramento delle relazioni con il Rwanda. Report delle Nazioni Unite sostengono che Rwanda e Uganda supportino i ribelli. Si dice che le istruzioni arrivino direttamente dal ministro della Difesa a Kigali, il generale James Kabarebe. Ma le pressioni internazionali su Kigali per assicurarlo alla giustizia lo avrebbero privato di fatto di un’altra sfera di protezione.
Inoltre il mandato di arresto spiccato nei suoi confronti in Congo, dopo anni di impunità, gli ha precluso la possibilità di riciclarsi nuovamente come funzionario o ufficiale dell’esercito regolare. Per molti analisti consegnarsi era per Terminator l’unica opzione possibile, la più sicura e che gli consentirà probabilmente di vivere più a lungo.
Ntaganda era entrato in Rwanda già sabato scorso. Avrebbe preso contatti, poi, constatata l’impossibilità di una protezione, avrebbe deciso di arrendersi. È ragionevole presumere che la sua consegna sia stata frutto di accordi e trattative preliminari con funzionari e ufficiali rwandesi, e dell’ambasciata americana, nonostante le smentite di quest’ultimi.
Il generale è in possesso di una grande mole di informazioni sensibili sullo scenario congolese, sul coinvolgimento del Rwanda nel conflitto nel Kivu e di altri Paesi e aziende straniere interessate a quell’area ricca di risorse minerali. Le conseguenze delle sue dichiarazioni potrebbero essere imbarazzanti per molti.
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