Noa Pothoven stupri Olanda | “Rivivo quella paura e quel dolore ogni giorno”. Noa Pothoven lo aveva scritto nel suo diario – che poi è diventato un libro (“Winnen of leren”) – nel quale raccontava le violenze sessuali che aveva subìto e la sua sofferenza.
A 17 anni Noa aveva già vissuto la brutale e indicibile ferita causata da tre stupri, vissuti in momenti che dovrebbero essere di piena spensieratezza.
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La prima violenza risale a quando aveva 11 anni durante la festa di una compagna di scuola. Il secondo episodio poco dopo, sempre in occasione di una festa per adolescenti.
A 14 anni poi l’ultima aggressione e una violenza in strada da parte di due uomini: un episodio che la giovane non aveva avuto il coraggio di denunciare “per paura e vergogna”.
Così, Noa Pothoven ha deciso di lasciarsi morire. Di fame e di sete. Non per eutanasia.
I giornali olandesi hanno dedicato pochissimo spazio alla notizia, e senza molti dettagli: raccontano che Pothoven è morta “in un letto d’ospedale nel salotto di casa sua” ma non parlano né di eutanasia né di suicidio assistito.
Per quel che se ne sa adesso, la ragazza aveva smesso di mangiare e di bere, usando i suoi ultimi giorni per salutare la famiglia e le persone a lei care.
Non è nemmeno chiaro se Noa Pothoven sia stata accompagnata nella morte con una sedazione profonda, ma se così fosse non sarebbe comunque un’eutanasia avallata legalmente.
Noa non aveva parlato con i suoi genitori di quegli stupri, “per paura e vergogna”, e aveva invece iniziato a scrivere il diario. Il suo corpo “si sentiva ancora sporco”.
Se in Olanda la morte di Noa è passata quasi in sordina, l’eco avuta il Italia è stata enorme. E questo perché inizialmente la sua morte era stata annunciata come morte per eutanasia.
Una notizia poi smentita anche da associazioni come la Luca Coscioni e dallo stesso Marco Cappato, che ha spiegato come la ragazza si sia “semplicemente” lasciata morire di fame e di sete, dopo gli anni trascorsi a cercare di “ripulirsi” da quel dolore che l’aveva consumata.
Nemmeno il tempo per capire la dinamica di quella morte, le ragioni e soprattutto i fatti realmente avvenuti, che tutti si sono precipitati a giudicare quella scelta di lasciarsi andare.
Ma cosa si nasconde dietro la morte di Noa? Su cosa bisogna ragionare oltre il suo gesto dettato da una disperazione incontenibile? C’è una guerra che va combattuta con tutte le nostre forze.
Una ragazza di 17 anni che nella sua giovane vita ha subito già ben 3 stupri, dovrebbe allarmarci tutti e subito su un fatto molto grave: gli stupri e le violenze sessuali sono un problema. Un problema reale che va arginato, combattuto, guardato, analizzato e vinto, con tutte le nostre forze.
Se da un lato è giusto porsi domande sul modo in cui questa ragazza sia stata realmente aiutata a superare i traumi subiti, dall’altro è necessario non sottovalutare la portata delle violenze e la drammaticità di casi come questo. Di quanto facile sia il ripetersi di condizioni simili.
La violenza sessuale va combattuta molto più seriamente di come stiamo facendo e non è un problema di un singolo Paese.
Guardando i dati, possiamo dire che il numero di crimini registrati nei Paesi Bassi è diminuito nel 2018. Un report pubblicato dalla polizia olandese ha registrato un totale di 766.638 reati, una diminuzione del 6,1 percento rispetto al 2017, anche se la tendenza si sarebbe invertita negli ultimi 6 mesi.
L’incremento riguarda soprattutto le denunce di stupro, grooming e sexting, prosegue ancora il report. “Una spiegazione potrebbe risiedere nella crescente sensibilizzazione della società per quanto riguarda la violenza sessuale e quindi nel maggior numero di relative denunce”, commenta la polizia. Ma il dato resta.
Questi dati ci dicono che i casi di stupro sono molto più diffusi di quanto si pensi, non stanno diminuendo, e sono in gran parte taciuti.
In Europa, le persone che subiscono gli stupri sono lasciate, in nove casi su dieci, sole a gestirne le conseguenze psicologiche e fisiche.
La tavola riportata di seguito espone il numero di stupri che avvengono ogni anno rispetto a 100mila abitanti di ogni Paese. È una tavola derivata da fonti ufficiali basate sui casi di stupro denunciati alla polizia e ritenuti tali dalla polizia stessa. Purtroppo è la tavola non degli stupri che avvengono, ma del velo poco pietoso che sull’argomento viene steso in ogni Paese.
Con parecchia fatica si riesce lo stesso ad avere un’approssimazione del quadro reale del fenomeno. Un primo passo si può fare a partire dalle enormi differenze che la tavola rappresenta. I Paesi dell’Europa del Nord (Finlandia a parte) e quelli di lingua anglosassone sono in apparenza quelli nei quali sembra avvenire il maggior numero di stupri.
In Svezia, Paese con comportamenti sessuali “avanzati” e dove la posizione della donna nella società si può considerare quasi paritaria rispetto agli uomini, si registra un numero di stupri apparentemente altissimo. Il Regno Unito (dove la donna si trova in una situazione abbastanza vicina a quella della Svezia) supera addirittura la Svezia per numero di stupri.
In Italia risale al 2006 l’ultima ricerca effettuata dall’Istat su quest’argomento. La ricerca era fatta su un elevato campione di donne attraverso un’intervista telefonica, magari non proprio la più adatta per dare la giusta dimensione a un tema così delicato.
Per quel che vale, comunque, in quell’anno all’Istat risultava che solo l’8% delle donne italiane vittime di stupro avevano denunciato alla polizia quanto era loco accaduto.
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