Noa Pothoven non è morta di eutanasia, ma di disperazione. È morta di strette allo stomaco e di logorio interno; di deterioramento muscolare e di perdita delle forze.
E voi che state sfruttando la sua storia per della propaganda pro-vita, voi che politicizzate battaglie delicate e sacrosante come quella per la libera scelta di un’eutanasia legale, state camminando sopra la dignità di una diciassettenne piegata dal dolore, che ha preferito spegnersi come parte dopo parte si spegne il computer dal quale vi ergete a paladini dell’etica.
State contribuendo a quella stessa disperazione che pochi giorni fa, Noa, ce l’ha portata via. Noa Pothoven non è morta di eutanasia ma di disperazione. Quello che vedete sul suo viso è un sondino naso-gastrico messo per tentare di sconfiggere i disturbi alimentari in maniera forzata.
Quelli che leggete sulle sue braccia sono invece i segni dei tentativi di suicidio: tanti, troppi in questi ultimi tempi. Frutti marci di due violenze sessuali subite, la prima ad 11 anni e la seconda a 14, dalle quali la giovane olandese non si è più ripresa, sprofondando in un baratro senza fine.
A niente sono serviti i numerosi ricoveri tra cliniche per i disturbi alimentari e centri specializzati per adolescenti (per entrare in uno di salute mentale, purtroppo, ci sono liste d’attesa infinite).
Noa Pothoven non è morta di eutanasia ma di disperazione, e questo abbiamo il dovere di urlarlo forte e chiaro davanti ai paladini della libertà ma solo quando fa comodo a loro: ai garanti delle leggi anche se, come in questo caso, la legge di uno Stato viene correttamente applicata.
Limitatevi, limitiamoci tutti quanti al silenzio, trattenendo il morboso vizio di commentare tutto e sempre, anche laddove si è incapaci di metterci nei panni degli altri e di comprendere cosa si possa provare.
La cultura della morte è quella che state propagando voi, convinti che obbligare una ragazzina alla sofferenza per tutta una vita intera sia la scelta moralmente migliore da intraprendere.
Noa Pothoven non è morta di eutanasia ma di disperazione. Per questo dobbiamo riprendere in mano e alzare in alto l’unico vero tema della questione: quello del dolore e del valore che ognuno di noi dovrà sempre liberamente attribuire alla propria vita.
Quanto siamo disposti a soffrire affinché questa possa esser definita tale? Il giudizio di ognuno non tolga mai niente al giudizio degli altri. Altrimenti avremmo lottato un secolo per diventare liberi e poi invece, sfruttando il primo dramma “buono” altrui, ci avrete resi tutti quanti schiavi.
Che Noa Pothoven non è morta di eutanasia ma di disperazione, lo abbiamo chiarito?
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