Migliaia di donne e ragazze sopravvissute alla brutalità del gruppo armato Boko Haram sono state successivamente stuprate dai soldati che sostengono di averle liberate.
Il 19 febbraio 2018, circa 110 studentesse sono state rapite dalle milizie islamiche di Boko Haram in una scuola di Dapchi, nello stato di Yobe. Le studentesse sono state poi liberate a sorpresa il 21 marzo.
Quello del 19 febbraio è solo l’ultimo di una serie di rapimenti avvenuti nel corso del tempo per opera delle milizie islamiche di Boko Haram.
Ora un nuovo rapporto stilato da Amnesty International evidenzia le ulteriori violenze subite, a partire dal 2015, dalle donne e dalle ragazze che sono state salvate e stuprate dai loro stessi soccorritori.
Grazie a più di 250 interviste realizzate nei “campi satellite” istituiti dalle forze armate nigeriane in sette città dello stato di Borno, i ricercatori di Amnesty hanno scoperto che l’esercito nigeriano e la milizia alleata, chiamata Task force civile congiunta (Jtf), hanno separato le donne dai loro mariti confinandole in quei “campi satellite”. Lì, le hanno stuprate, a volte in cambio di cibo.
Quando, a partire dal 2015, l’esercito ha strappato territori a Boko haram, alle persone che vivevano nei villaggi è stato ordinato di trasferirsi nei “campi satellite”. Chi ha resistito all’ordine è stato ucciso. Centinaia di migliaia di persone sono fuggite o sono state costrette a muoversi dai loro villaggi.
In alcuni campi la maggior parte degli uomini da 14 a 40 anni è stata imprigionata, così come le donne che avevano viaggiato senza i loro mariti. Queste detenzioni di massa hanno costretto molte donne a badare da sole alle loro famiglie.
Decine di donne hanno raccontato di essere state stuprate nei “campi satellite” da parte di soldati e miliziani della Jtf e di essere state ridotte alla fame per diventare le loro “fidanzate”, ossia essere disponibili a rapporti sessuali a ogni evenienza.
Cinque donne ci hanno riferito di essere state stuprate tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016 nel campo “Ospedale di Bama”, dove la fame era all’ordine del giorno.
Nello stesso campo altre 10 donne sono state costrette a diventare “fidanzate” per scampare alla fame. Molte di loro avevano già perso figli e altri familiari a causa della mancanza d’acqua, cibo e cure mediche.
Lo sfruttamento sessuale continua ancora adesso, seguendo uno schema consolidato: i soldati entrano nei campi per fare sesso e i miliziani della Jtf scelgono le donne e le ragazze, “le più belle”, da consegnare ai soldati. La paura impedisce alle donne di ribellarsi.
Nei “campi satellite” c’è stata un’acuta crisi alimentare dall’inizio del 2015 fino alla metà del 2016, quando gli aiuti umanitari sono aumentati.
Secondo Amnesty, centinaia, probabilmente migliaia di persone sono morte nel campo “Ospedale di Bama” in quel periodo. Le testimonianze parlano di 15-30 morti al giorno e le immagini satellitari, che mostrano la rapida espansione del cimitero all’interno del campo, danno loro ragione. Morti per fame sono state registrate anche nei “campi satellite” di Banki e Dikwa.
Nonostante dal giugno 2016 le Nazioni Unite e altre agenzie abbiano aumentato l’entità dell’assistenza umanitaria, molte donne hanno continuato a trovare difficoltà nell’accesso a quantità adeguate di cibo, anche a causa delle restrizioni alla libertà di movimento fuori dai campi.
Donne detenute nella base militare di Giwa
Ulteriori ricerche di Amnesty International hanno rivelato che centinaia di donne sono trattenute coi loro figli nella famigerata base militare di Giwa dalla metà del 2015.
Molte di loro erano state vittime di rapimenti e matrimoni forzati da parte di Boko haram. Anziché essere soccorse, sono state arrestate dall’esercito in quanto “vedove di Boko haram”.
Amnesty International ha ricevuto cinque segnalazioni di violenza sessuale nella base di Giwa. In più, sette donne hanno dovuto partorire nelle loro celle putride e sovraffollate, senza alcuna assistenza medica. Dal 2016 sono morti 32 neonati e bambini e cinque donne.
Le responsabilità di Boko haram
Amnesty International ha intervistato donne che hanno trascorso mesi o anni sotto il regime repressivo di Boko Haram. Alcune hanno denunciato di essere state costrette a sposare membri del gruppo armato o di essere state frustate per aver trasgredito alle rigide regole del gruppo. Sette di loro hanno riferito di aver assistito all’esecuzione di loro parenti o conoscenti per aver tentato la fuga.