Masaya, la città del Nicaragua simbolo della resistenza al presidente Daniel Ortega, è caduta dopo un attacco durato più di sette ore. I morti sarebbero almeno tre: si tratterebbe di un minore, un poliziotto e una donna che stava cercando di abbandonare la sua casa. Secondo l’Associazione del Nicaragua per i diritti dell’uomo (Cenich), il numero delle vittime potrebbe essere maggiore ma, a causa della presenza delle forze armate in città, non è ancora possibile stabilirlo con certezza.
Le vittime aggravano il bilancio degli ultimi tre mesi di scontri e manifestazioni, repressi con violenza dal governo del paese. Dall’inizio delle proteste, si contano almeno 280 vittime e oltre 1800 feriti.
Secondo le testimonianze degli abitanti, migliaia di uomini delle forze anti-sommossa e paramilitari sono entrati nella città, che si trova a 30 chilometri dalla capitale, sparando in aria e contro gli edifici. Il luogo degli scontri è stato il quartiere indigeno di Monimbo, dove le barricate erano state erette da quando, il 19 aprile, la popolazione si era mobilitata contro il governo. Testimoni hanno riportato la presenza di uomini con Kalachnikov e di franchi tiratori.
I gruppi armati hanno effettuato raid nelle case, forzato le porte delle abitazioni e costretto gli abitanti a scendere in strada. È la testimonianza rilasciata ad Afp dalla presidentessa dell’Associazione del Nicaragua per i diritti dell’uomo, Vilma Núñez, per la quale almeno 40 persone sarebbero state arrestate.
“Ci attaccano con le armi pesanti, è una delle operazioni più violente lanciate contro Masaya”, ha dichiarato ad Afp il dirigente del movimento degli studenti “19 aprile”, Cristian Fajardo. Gli abitanti hanno cercato di resistere usando “pietre e mortai artigianali”, ha aggiunto.
L’attacco, chiamato “operazione di pulizia” dalle forze di opposizione, arriva prima dell’anniversario della rivoluzione sandinista, che nel 1979 aveva portato alla liberazione del paese dalla dittatura di Anatasio Somoza.
“Attaccano Monibo. I proiettili colpiscono la chiesa di Maria Maddalena, dove il prete si è rifugiato”, aveva scritto su Twitter il vescovo Manaugia, Silvio Baez, che ha chiesto a Ortega di intervenire e fermare il massacro.
¡Atacan Monimbó! Las balas están llegando hasta la parroquia María Magdalena, en donde está refugiado el sacerdote. ¡Que Daniel Ortega detenga la masacre! ¡A la gente de Monimbó les ruego, salven sus vidas! @Almagro_OEA2015 @CIDH @PauloAbrao @AmbCTrujillo @USAmbNicaragua @OACNUDH
— Silvio José Báez (@silviojbaez) 17 luglio 2018