“Mi dispiace, dobbiamo cancellare il suo transfer a causa della scarsità di benzina e degli scioperi nel Regno Unito”, arriva alle 9 del mattino il messaggio di Alexander, che gestisce una società di noleggio con conducente e fornisce servizi di car pooling per l’aeroporto di Gatwick. Il Regno Unito è nel caos: mancano i carburanti nelle stazioni di servizio, mancano molti prodotti e più si diffonde la notizia della scarsità, più gli inglesi si precipitano a fare scorte.
Nel Paese mancano 100.000 camionisti e operatori della logistica, ad ogni angolo delle strade delle periferie di Londra si trovano cartelli “we are hiring” (stiamo assumendo). Le regole della Brexit hanno scoraggiato l’immigrazione e ora il primo ministro Boris Johnson, dopo le critiche pubbliche, corre ai ripari e annuncia “leggi più flessibili” per incoraggiare l’immigrazione dopo che migliaia di camionisti (con cittadinanza UE) hanno lasciato il Regno Unito a seguito della Brexit.
Un report della RHA, associazione di categoria del Regno Unito dedicata agli operatori del trasporto su strada, ha indagato le cause della scarsità di trasportatori: la Brexit (che ha influito su oltre il 50% dei trasportatori), i pensionamenti (solo l’1% dei trasportatori ha meno di 25 anni e la media è di 55), e mancanza di sessioni di esami per la patente speciale a causa del Covid-19.
Non è la prima volta che il Regno Unito si ritrova in una situazione di questo tipo: a inizio settembre centinaia di pub avevano denunciato la mancanza di approvvigionamento di birra, e durante l’estate alcune note catene di ristoranti avevano segnalato la scarsità di accesso a prodotti alimentari indispensabili (come il pollo).
Le richieste dell’associazione dei trasportatori: più immigrati, meno barriere
L’Associazione per il Trasporto su Strada (RHA) ha scritto al governo di Boris Johnson chiedendo un’estensione dei visti per i trasportatori e che il lavoro di trasportatore sia inserito tra le professioni “a rischio di scarsità”. L’Associazione chiede inoltre che vengano attivati percorsi per incoraggiare sempre più cittadini britannici a lavorare nel settore, riducendo la necessità di ricorrere a lavoratori stranieri. Questo anche perché, nonostante la possibile estensione dei visti, le associazioni europee di trasporti sono scettiche sull’attrattività del Regno Unito rispetto ai trasportatori. “Mi aspetto che molti autisti non torneranno nel Regno Unito anche se il governo britannico glielo permetterà”, ha comunicato Marco Digioia, il segretario generale dell’UETR, che rappresenta più del 70 per cento delle aziende di autotrasporti in tutta l’UE.
Intanto, si rincorrono le voci di un possibile intervento dell’esercito e delle forze militari britanniche, come accadde nel 2000, quando la scarsità di benzina paralizzò il Paese, con la chiusura di scuole, negozi e aziende.
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