Nel nuovo supermercato dentro il campo di Zaatari, in Giordania, gli scaffali ospitano una grande varietà di prodotti, i commessi indossano una pettorina blu con sopra scritto “sono qui per aiutarti” e la spesa non si paga in contanti, ma con i voucher forniti dal World Food Program (Wfp). Per Um Adham, che vi si reca regolarmente a fare la spesa, il supermercato rappresenta uno dei numerosi miglioramenti che si sono registrati nel campo nel giro di un anno dal suo arrivo: “Prima ci davano cibo confezionato così cattivo che lo buttavamo via”, spiega, “ora al supermercato possiamo scegliere e prendere col voucher ciò che vogliamo”.
Nel campo, che si trova a soli 12 chilometri dal confine con la Siria, i rifugiati stanno cominciando ad adattarsi al nuovo ambiente, e tentano di rendere più confortevoli le loro abitazioni di fortuna. Secondo l’ agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’ Unhcr, circa il 75 per cento dei 100 mila residenti del campo sono illegalmente collegati alla rete elettrica e il 70 per cento di loro ha servizi privati, comunicanti con la rete idrica e le fognature. Per Killian Kleinschmidt, direttore del campo, dopo tre anni di guerra civile “i siriani hanno capito che purtroppo dovremo fermarci un po’ più a lungo. Questo significa cambiare il modo in cui guardiamo alla crisi”. Le agenzie umanitarie a Zaatari stanno infatti puntando anche al lungo termine e per tale ragione hanno aperto cliniche, scuole e parchi giochi.
A Zaatari c’è anche un campo di calcio, dove la ventiseienne Abeer Rantisi, stella della nazionale femminile giordana, insegna a donne e ragazzine a giocare a calcio. “La cosa principale su cui possiamo lavorare è la fiducia in se stessi”, spiega Rantisi. Quasi ogni giocatrice che lei allena si è trovata ad affrontare difficoltà inimmaginabili, bombardamenti, morte dei familiari, aggressioni, stupri. “Dobbiamo portare queste persone qui e dire loro che possono ottenere quello che vogliono. Dobbiamo renderli forti perché stavano soffrendo in Siria”.
Dei 600 mila siriani che risiedono in Giordania l’80 per cento vive nei quattro campi attualmente esistenti, ma la pressione sulle risorse umanitarie è tale che al più presto dovrebbe aprire un campo di nuova costruzione, a Azraq. Secondo il generale giordano Waddah al-Hmoud, responsabile della sicurezza dei campi profughi, le tensioni tra giordani e siriani sono in aumento. “La Giordania ha bisogno di più soldi e più aiuto”, ha detto l’ambasciatrice dell’Unione Europea in Giordania, Joanna Wronecka. “Si stanno progettando riforme economiche con il Fmi ma i sussidi sui prodotti alimentari, il pane e il carburante sono finiti, e adesso stanno cercando di implementarli”. Tali cambiamenti rischiano però, secondo l’ambasciatrice, di contribuire ad accrescere le tensioni con i siriani nel breve termine.