Che cosa sta succedendo in Sinai? Già da ben prima della deposizione del presidente Mohamed Morsi, la stampa e le intelligence del pianeta descrivevano la zona come un nido di attività illecite e violente, ma la vera natura del problema non è mai stata davvero messa a fuoco.
Un articolo di Foreign Policy cerca di spiegare come dietro la comoda etichetta di “terrorismo” si nasconda qualcosa di più di islamisti fanatici o beduini scontenti. I disordini sarebbero riconducibili nientemeno che a un corpo dell’esercito egiziano, le Forze centrali di sicurezza (o Csf), già al centro di uno scandalo negli anni Ottanta, quando alcuni suoi comandanti furono accusati di gestire il traffico di droga.
“Il servizio di sicurezza è la più grande impresa criminale in Egitto” è il lapidario commento di ufficiale del Pentagono. Questo potrebbe suggerire una nuova spiegazione ai contrasti in Sinai, dovuti a vere e proprie guerre fra di bande di trafficanti di droga e “non dovute alla presenza di Al Qaeda o qualcosa di simile”.
Morsi ha tentato più volte di sostituire i suoi funzionari, cercando di purgare il sistema e di eliminare la corruzione del Csf all’interno del governo. Questa crociata potrebbe avere giocato un ruolo non secondario nella sua cacciata. “Penso che Morsi abbia cercato davvero di cambiare le cose “ scrive Foreign Policy, ripprtando il commento di un esperto di sicurezza statunitense “ha davvero cercato di riformare il sistema che aveva il Csf profondamente radicato al suo interno. Forse questo è stato il problema”.
Il nuovo ministro Ibrahim ha promesso di ripristinare il tipo di sicurezza dell’era Mubarak e questo rappresenta un campanello d’allarme per i pro-Morsi e forse una buona notizia per i boss egiziani della droga.