I cartelli della droga messicani si sono serviti di alcuni militari statunitensi per portare a termine omicidi su commissione e ricevere armi e addestramento.
Lo scorso 25 luglio, il soldato americano Micheal Apodaca è stato condannato all’ergastolo dal tribunale di El Paso, in Texas, per l’omicidio, nel 2009, di Jose Daniel Gonzalez-Galeana su commissione del cartello di Juarez.
Per freddare a colpi di pistola Gonzalez-Galeana – sospettato dai gangster di essere un informatore dell’agenzia governativa statunitense Immigration and Custom Enforcement – Apodaca ricevette una ricompensa di 3.700 euro.
Già l’anno scorso un caso simile era stato scoperto nel corso di un’operazione della Dea (Drug Enforcement Administration): Kevin Corley, ex tenente dell’esercito, e Samuel Walker, ex sergente, avevano proposto a due agenti della Dea che si spacciavano per membri della gang dei Los Zetas (fondata proprio da disertori dell’esercito messicano), di procurargli addestramento tattico e armi.
Per quanto episodi di collusione fra esercito e malavita non siano una novità in America, si tratta però della prima volta che soldati a stelle e strisce varcano i confini degli Usa per allearsi con criminali stranieri. Queste interazioni rischiano di fornire alle narcomafie, oltre che un bacino di sicari precisi e affidabili, una preparazione militare di qualità che le renderebbe ancora più temibili.