A più di un mese dall’uccisione di Hassan Nasrallah in un attacco aereo di Israele a Beirut, che ha infiammato la guerra in Libano, il gruppo armato sciita Hezbollah ha un nuovo leader: si tratta di Naim Qassem, fino ad oggi vicesegretario generale del cosiddetto Partito di Dio.
La lunga lista di comandanti e leader politici del movimento uccisi da Israele negli ultimi mesi aveva forse reso la nomina di Naim Qassem quasi obbligata ma il gruppo armato sciita libanese ha tenuto a precisare che la sua elezione alla leadership da parte del Consiglio della Shura del Partito è avvenuta per la sua “adesione ai principi e agli obiettivi di Hezbollah”.
“Il Consiglio della Shura di Hezbollah ha concordato di eleggere Sua Eminenza lo sceicco Naim Qassem come nuovo Segretario generale di Hezbollah. Chiediamo a Dio di aiutarlo in questa nobile missione di guida del partito e della sua resistenza”, si legge in una nota diramata oggi su Telegram dal gruppo armato sciita. “Promettiamo al nostro martire Sayyed Hassan Nasrallah, ai combattenti della resistenza islamica e al nostro popolo che resiste, di lavorare insieme per raggiungere gli obiettivi di Hezbollah e di mantenere viva la fiamma della resistenza”.
Una scelta nel segno della continuità, visto il curriculum di Naim Qassem. Nominato vice vicesegretario generale di Hezbollah nel maggio del 1991 dall’allora leader del gruppo armato sciita Abbas al-Musawi, ucciso nel febbraio dell’anno successivo in un attacco aereo israeliano, per oltre trent’anni è stato il numero due della gerarchia politica del movimento, anche quando salì al vertice il compagno di lotte, Hassan Nasrallah.
Chi è Naim Qassem, il nuovo leader di Hezbollah
Nato nel 1953 nel villaggio di Kfar Kila, nel governatorato di Nabatiye, in Libano meridionale, Naim Qassem non è un guerrigliero ma piuttosto uno studioso. Sposato e padre di sei figli, si conosce poco o niente delle sue attività militari nel movimento ma fu certamente uno dei primi ad aderire a Hezbollah all’inizio degli anni Ottanta.
Nel tempo poi è diventato uno dei principali ideologi del gruppo, insieme ai defunti leader Abbas al-Musawi e Hassan Nasrallah; all’attuale capo del Consiglio politico del movimento, Ibrahim Amin al-Sayyed; e ai fonfatori Subhi al-Tufaili, espulso alla fine degli anni Novanta; e all’ex segretario generale Mohammad Yazbek, predecessore di Musawi.
Scrittore prolifico, ha pubblicato oltre una decine di libri di argomento sia religioso che politico, tra cui “Hizbullah: the Story from Within”, edito nel 2005, che racconta la fondazione e l’ideologia del movimento “dall’interno”, un’opera tradotta finora in almeno sei lingue (oltre all’arabo): inglese, farsi, francese, indonesiano, turco e urdu.
Il suo impegno politico però comincia prima ancora della nascita di Hezbollah nel 1982. Già negli anni Settanta infatti Naim Qassem era vicino all’imam Musa al-Sadr, che aiutò nella fondazione nel 1974 del Movimento degli espropriati (in arabo: Harakat al-Mahrumin), precursore del partito Amal (oggi alleato di Hezbollah), impegnato per la riforma del sistema politico libanese per una maggiore rappresentanza della comunità sciita, gravata da privazioni economiche ed episodi di esclusione sociale, che fosse proporzionale alle dimensioni effettive della popolazione.
Lasciò il gruppo nel 1979 in seguito allo scoppio della rivoluzione in Iran e alla successiva fondazione della Repubblica islamica a Teheran guidata dall’imam Ruhollah Khomeini, che allora modellò il pensiero politico di molti giovani attivisti sciiti libanesi. Pochi anni dopo prese parte in prima persona agli incontri che portarono alla fondazione di Hezbollah nel 1982, in risposta all’invasione israeliana del Libano.
Malgrado il suo attivismo politico e sociale, possiede una formazione scientifica. In grado di esprimersi fluentemente sia in arabo che in francese, nel 1973 conseguì una laurea triennale in chimica presso l’Università del Libano e quattro anni dopo ottenne la laurea magistrale, proseguendo però contemporaneamente gli studi religiosi e teologici sotto l’ayatollah iracheno di origini libanesi, Mohammad Hussein Fadlallah, considerato il mentore spirituale di Hezbollah. All’età di soli 18 anni poi cominciò anche a insegnare ai giovani in una moschea locale.
Anche durante gli studi però Naim Qassem si distinse per l’impegno politico. Membro fondatore dell’Unione libanese degli studenti musulmani, dal 1974 al 1988 diresse l’Associazione per l’educazione religiosa islamica. Tanto che, anche una volta entrato in Hezbollah, continuò a mantenere un ruolo di supervisione sulle scuole al-Mustafa, una delle principali reti di istituzioni formative controllate dal movimento. Da sempre impegnato nell’insegnamento, fu docente nelle scuole pubbliche per sei anni dopo il conseguimento della laurea.
Eletto vicesegretario generale del partito il 22 maggio 1991, da allora ha sempre ricoperto questa posizione, servendo prima sotto Abbas al-Musawi e poi con Hassan Nasrallah. Sin dal 1992, quando il gruppo decise di entrare nell’agone politico libanese, è stato il coordinatore generale delle campagne elettorali parlamentari di Hezbollah. Membro del Consiglio della Shura dal 1985, Naim Qassem è anche responsabile della supervisione delle attività in Parlamento e di governo del gruppo armato sciita libanese.
Al momento non si conosce la sua ubicazione ma, secondo il portale emiratino Erem News, avrebbe lasciato Beirut lo scorso 5 ottobre per rifugiarsi in Iran, a bordo di un aereo utilizzato dal ministro degli Esteri di Teheran, Abbas Araqchi, durante il suo tour diplomatico in Libano e in Siria.
Pochi giorni prima della sua presunta fuga in Iran, il 30 settembre scorso, fu il primo esponente della massima dirigenza del gruppo a pronunciare un discorso in tv dopo l’uccisione di Nasrallah, avvenuta tre giorni prima in un attacco aereo israeliano alla periferia meridionale di Beirut. Fu sempre lui, l’8 ottobre, a rivolgersi ai sostenitori del movimento dopo l’assassinio del suo successore, Hashem Safieddine, anch’egli ucciso in un raid aereo dello Stato ebraico.
Pur assicurando che le “capacità militari” di Hezbollah erano rimaste “intatte”, malgrado gli attacchi di Israele, e promettendo di continuare a combattere, sembrò tendere la mano a Tel Aviv. “Sosteniamo gli sforzi politici di (presidente del Parlamento, Nabih) Berri per raggiungere un cessate il fuoco”, sottolineò, senza apparentemente legare l’accordo a una tregua a Gaza. “Una volta che il cessate il fuoco sarà saldamente stabilito e la diplomazia potrà attuarlo, saranno discussi tutti gli altri dettagli e tutte le decisioni saranno prese in modo collaborativo”. Un segnale di apertura da un uomo della linea dura che però ha anche una lunga esperienza in politica e nell’arte del compromesso.
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