Nel quartiere di Intisar, nella parte orientale della città irachena di Mosul, la saracinesca del barbiere Alì Bashar è stata sollevata e il salone ha così riaperto.
Fin da subito, all’ingresso si è formato un capannello di uomini che si sono poi disposti in fila, a seconda dell’ordine di arrivo. Tutti desiderosi di richiedere un unico servizio al loro barbiere di fiducia: poter radere finalmente quelle barbe lunghe, cresciute negli ultimi due anni più per obbligo che per scelta.
La barba lunga era uno degli obblighi che gli uomini di Mosul (e delle aree sotto il controllo dei miliziani dell’Isis) dovevano rispettare. E chi non si conformava a questa imposizione rischiava pene e punizioni. O peggio la morte.
A pochi isolati di distanza dal negozio di Alì Bashar, giacciono a terra i corpi di quattro combattenti dell’Isis avvolti nelle coperte e ricoperti di mosche. Un ufficiale della polizia irachena ha raccontato a Reuters che quei cadaveri stavano marcendo lì già da dieci giorni, in attesa che qualcuno arrivasse a rimuoverli.
La vita in alcuni quartieri della città irachena sta cominciando pian piano a riprendere forma, anche se parlare di normalità non è ancora possibile. Tuttavia, la saracinesca di un negozio che viene tirata su è senza dubbio il segno inconfondibile di come molti residenti abbiano voglia di tornare a popolare quegli spazi quanto prima.
Molti civili iniziano a muoversi liberamente per le strade della città costellata di bandiere bianche, sventolate a decine per proteggere le proprie case mentre l’esercito avanzava. In lontananza si sentono spari ed esplosioni, ma nessuno sembra curarsene troppo. Neanche i bambini che continuano a saltare su un muro sporco di sabbia e si divertono con poco.
L’offensiva lanciata dalle forze irachene con il supporto dei combattenti curdi peshmerga per respingere i miliziani dell’Isis da Mosul – una delle città più grandi occupate finora dal gruppo estremista – è stata vista come la più vasta operazione militare in Iraq dal 2003 a oggi.
(Qui alcuni clienti in attesa del loro turno nel negozio di Alì Bashar. Credit: Reuters)
Per un istante, i rumori della battaglia che infuria non molto lontano dal quartiere di Intisar, vengono coperti dal ronzio dei rasoi elettrici e dal rumore delle forbici usate per accorciare le barbe o i capelli. Tutti strumenti fino a oggi banditi dai miliziani dell’Isis, che avevano imposto un controllo serrato su tutti gli aspetti della vita quotidiana negli ultimi due anni e mezzo.
Il lavoro di Alì Bashar non s’interrompe. Ciocche di capelli continuano a invadere il pavimento piastrellato del suo salone, mentre le barbe vengono gradualmente accorciate, aggiustate o totalmente rasate, a seconda dei gusti.
“Quando gli uomini del Califfato sono arrivati qui, dapprima hanno proibito il taglio delle barbe, poi hanno vietato l’utilizzo dei rasoi o dei fili per rifinirla in modo più regolare. Ogni giorno introducevano regole nuove”, ha raccontato ancora a Reuters il barbiere di Mosul, che ha descritto la vita sotto il sedicente Stato islamico.
Alì ha esposto sulla vetrina del suo salone un volantino che i miliziani dell’Isis avevano distribuito, con una serie di restrizioni da seguire alla lettera. Se non venivano rispettati, si correvano grossi rischi.
Il suo salone aveva chiuso i battenti dopo che la polizia morale istituita sotto il sedicente Stato islamico lo aveva arrestato e rinchiuso in prigione. L’accusa era la seguente: Alì aveva deciso di procedere alla rasatura della barba di un suo cliente.
Il negozio di Alì Bashar è l’unico ad aver aperto di nuovo i battenti. Nessun altra attività commerciale ha deciso di riaprire le saracinesche. Molti negozi non sono stati finora in grado di rifornire i loro scaffali, perciò i civili possono contare al momento delle razioni giornaliere di generi alimentari distribuiti dai soldati.
“Non ci sono medici qui. Se qualcuno viene colpito, morirà dentro le pareti di casa sua”, ha raccontato Saad, uno studente di 22 anni. Ma il suo racconto è stato interrotto da una forte esplosione a poca distanza, che ha fatto tremare la terra.
Pochi minuti dopo, un soldato ferito è stato trasportato nel più vicino pronto soccorso alla periferia della città. Intanto, Alì continua a tagliare, sfoltire o radere barbe e capelli, non facendo quasi caso a ciò che succede tutt’attorno. A pochi centimetri dall’ingresso del suo salone, due scatole di legno vuote sono state abbandonate lì. Con molta probabilità contenevano munizioni usate dalle forze dell’esercito regolare iracheno.
Un residente non se le lascia sfuggire, le raccoglie e dice di volerle usare stasera per accendere il fuoco e poter cucinare. Anche lui aggiunge un pezzo al racconto di Alì Bashar su come fosse vivere sotto l’autoproclamato Califfato. Racconta dei suoi figli costretti a frequentare le scuole sotto il sedicente Stato Islamico.
“C’erano pochi posti di lavoro. E se si voleva lavorare, allora si era obbligati a unirsi a loro”, ha raccontato l’uomo. Nel frattempo, il rumore dei rasoi non si attutisce.
(Qui sotto Alì Bashar impegnato nella rasatura di una barba nel suo negozio, l’unico ad aver riaperto nel quartiere. Credit: Reuters)