In occasione del cinquantesimo dell’invasione, ieri l’esercito ucraino ha colpito e affondato con due missili Neptune la nave ammiraglia della flotta russa nel Mar Nero “Moskva,” – di gran lunga la più potente nell’area marittima, che avrebbe dovuto guidare l’assalto navale a Odessa – infliggendo uno dei colpi più duri dall’inizio della guerra al Cremlino, già messo a dura prova dalla tenace resistenza ucraina.
Ora però diverse fonti si chiedono se l’incrociatore lanciamissili fosse effettivamente dotato di armi nucleari, come previsto dal progetto della nave, che ora potrebbero giacere sul fondale marino. Secondo il quotidiano ucraino Defence Express, che ha intervistato diversi esperti tra cui ingegneri navali e ufficiali della Marina, “c’è una forte possibilità che l’ammiraglia colpita avesse un arsenale nucleare a bordo.” Mosca ha confermato le esplosioni a bordo, attribuendole però a un incendio nel deposito di munizioni, e per ora non conferma ne smentisce l’inquietante dubbio.
Nel frattempo è mistero anche sul destino dell’equipaggio. A bordo della nave infatti sarebbero state presenti 510 persone che le autorità russe sostengono di aver evacuato, ma secondo alcuni filmati girati a Sebastopoli, in Crimea, e circolati successivamente in rete, solo 50 sarebbero stati portati in salvo. La prova, come riporta il Daily Mail, sarebbe nelle decine di macchine parcheggiate al porto di Sebastopoli, presumibilmente appartenenti ai marinai, che non sono andati a riprenderle.
Secondo le autorità ucraine, al momento dell’attacco la Moskva si trovava in acque territoriali ucraine, proprio davanti all’isola dei Serpenti, salita agli onori delle cronache a inizio conflitto per il “vaffa” dei militari ucraini di fronte all’ultimatum di resa partito dalla stessa nave. Secondo gli ultimi rapporti ucraini, ancora non confermati, insieme all’incrociatore sarebbe andato a fondo anche il suo capitano di 1° grado Kuprin Anton Valeryevich, a ulteriore conferma che la campagna navale russa finora non ha dato i frutti sperati.