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    La Moschea della Discordia di Strasburgo finanziata con 2,5 milioni di euro pubblici

    La Moschea di Strasburgo
    Di Fabio Bolzonar
    Pubblicato il 28 Mar. 2021 alle 20:44

    Da alcuni giorni la città di Strasburgo è al centro di una controversia sul ruolo dell’Islam in Europa che ha mostrato, ancora una volta, come la politica stia gestendo maldestramente una questione tanto delicata. La controversia in questione trae origine dal finanziamento di circa 2,5 milioni di euro accordato lunedì 22 marzo da comune di Strasburgo, guidata da una giunta ecologista, all’ampliamento della moschea di Eyyûb Sultan.

    Sebbene in Francia dal 1905 sia in vigore una legge che sancisce la formale separazione fra lo stato e la chiesa, nel momento in cui questa norma fu introdotta, la Mosella e l’Alsazia, nel cui territorio si trova Strasburgo, erano parte dell’Impero Tedesco. Una volta ritornate sotto la sovranità francese, la legge del 1905 non fu mai estesa alle due regioni, tale per cui le loro amministrazioni locali possono finanziare delle associazioni religiose.

    La nuova moschea di Eyyûb Sultan è un progetto gigantesco. A lavori ultimati, si svilupperebbe su circa 6.900 metri quadri e comprenderebbe anche delle aree destinate ad accogliere un centro di ricerca, delle sale polifunzionali, un supermercato e un ristorante. Costo totale, secondo quanto riportato da Le Monde, circa 32 milioni di euro, di cui 25 solo per la moschea, che diventerebbe la più grande in Europa.

    La polemica su di un tale progetto non deriva dalla discutibile scelta del comune di Strasburgo di assegnare un generoso finanziamento pubblico all’ampliamento di un luogo di culto, quanto piuttosto dal fatto che la moschea di Eyyûb Sultan sarà gestita dall’associazione Millî Görüş. Un gruppo che vanta stretti rapporti con il governo turco di Erdoğan e professa delle dottrine nazionaliste e ultra-conservatrici, tanto da essersi rifiutata di firmare la Carta dei principi per l’Islam di Francia, un documento elaborato dal Consiglio francese del culto musulmano che chiede alle organizzazioni islamiche presenti in Francia di dichiararsi in favore dei principi fondanti della Repubblica e rifiutare ogni forma di estremismo.

    Nella serata di lunedì, il Ministro dell’interno francese, Gérald Darmanin, ha attaccato la decisione dell’amministrazione di Strasburgo accusandola di finanziare un’ingerenza straniera sul solo francese. A gettare ulteriore benzina sul fuoco ci ha pensato Marlène Schiappa, Ministra delegata alla cittadinanza, che ha accusato i Verdi di avere problemi con i principi repubblicani.

    A queste accuse, che richiamano toni e posizioni dell’estrema destra, ha fatto seguito la risposta piuttosto goffa del sindaco di Strasburgo, Jeanne Barseghian. Madame Barseghian ha sostenuto di non essere mai stata informata dell’esistenza di alcun problema in merito alla moschea, ha ricordato che il progetto di ampliamento di Eyyûb Sultan è in discussione da prima la sua elezione, e ha affermato che il finanziamento comunale sarà subordinato alla presentazione di un chiaro progetto di sostenibilità finanziario, malgrado i lavori siano già stati iniziati da ben tre anni, come ha sottolineato Liberation. Insomma, argomentazioni deboli e ben lontane delle questioni principali sollevate dalla controversia. E’ opportuno sostenere un’opera di organizzazione religiosa, vicina a uno stato straniero, che difende valori in parte contrastanti con i principi etici di una società democratica? Come evitare che la salvaguardia di tali valori non si trasformi in una ‘polizia del pensiero’? Chi e in conformità a quali principi può decidere su tali questioni?

    Non si tratta di domande semplici. Certamente non meritano di essere oggetto di polemica come hanno fatto le autorità politiche francesi che hanno dimostrato un atteggiamento molto diffuso in molti paesi europei, sebbene con toni, modalità e gradi diversi. Se la destra tende spesso a strumentalizzare con toni da crociata i rapporti complessi con una parte dell’Islam, la sinistra sembra afflitta da una scarsa attenzione a tali questioni.

    Che la destra populista agiti lo spauracchio dell’Islam è cosa ben nota. Da Salvini in Italia, a Le Pen in Francia, a Orbán in Ungheria, agitare la paura dell’Islam è un argomento elettoralistico permanente della destra populista. Quasi un suo principio politico insostituibile. Cambiano i paesi, ma la sostanza rimane la stessa. Tuttavia, un tale atteggiamento spesso influenza anche la destra moderata, se non alcuni partiti centristi. Ed è questo un aspetto ancora più allarmante. Come nel caso francese, il tentativo di togliere argomentazioni (e voti) al populismo spinge spesso ad adottare degli argomenti della destra estrema. In tal modo, non soltanto si legittima un atteggiamento rozzo, se non a tratti xenofobo, ma lo si diffonde, forse e anche meglio di quanto gli stessi populisti avrebbero saputo fare.

    Purtroppo la sinistra europea talvolta scivola nell’estremo opposto. Come evidenziano le risposte del sindaco di Strasburgo, alle volte sembra che ci si trovi di fronte ad un atteggiamento compiacente e superficiale verso alcune organizzazioni islamiche. Mi riesce difficile comprendere come si possa finanziare un’opera di un’organizzazione religiosa che abbia legami forti con uno stato autoritario straniero e che non rispetti il valore dell’eguaglianza fra uomo e donna. Non guasterebbe davvero se la sinistra si ‘sporcasse le mani’ con gli argomenti tipici della destra, quale la sicurezza, l’identità nazionale e la sua protezione. Non certo per copiare le strategie della destra, ma per proporre una politica identitaria antitetica, ‘una politica identitaria di sinistra’, che sia rispettosa del valore del pluralismo, ma che nel contempo sia determinata a controllare che non si abusi di esso.

    Sono questioni complesse, ma sono argomenti che ci riguardano da vicino e che sarebbe opportuno affrontare con pacatezza, senza lasciare che diventino l’oggetto di strumentali polemiche che non portano a nulla se non a esasperare gli animi.

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