È morto all’età di 85 anni lo scrittore Philip Roth, leggenda della letteratura statunitense.
Il decesso è avvenuto nella notte tra martedì 22 e mercoledì 23 maggio 2018 in un ospedale di New York in seguito a una insufficienza cardiaca.
A confermarlo è stato il suo agente, Andrew Wylie.
Roth è stato uno degli autori più apprezzati della sua epoca, sebbene non gli sia mai stato riconosciuto il premio Nobel.
Nel 1998 ha vinto il premio Pulitzer per “Pastorale Americana”.
Autore di oltre 25 libri, tra le sue maggiori opere si ricordano anche “Lamento di Portnoy” e “La macchia umana”.
Interprete straordinario dell’America contemporanea, Roth è stato uno dei più importanti e acclamati scrittori della modernità.
Centrali nella sua produzione letteraria i temi di sesso, morte, morale e destino.
Era un feroce satirico e un realista intransigente, che si esprimeva con uno stile audace e diretto.
Roth era nato a Newark, in New Jersey, nel 1933.
Veniva da una famiglia della piccola borghesia ebraica.
Si identificava come scrittore americano, non ebreo, ma per Roth l’esperienza americana e l’esperienza ebraica erano spesso le stesse.
Mentre i suoi predecessori Saul Bellow e Bernard Malamud scrivevano del doloroso adattamento degli ebrei dalla vita degli immigrati, i personaggi di Roth rappresentavano la generazione successiva.
La loro prima lingua era l’inglese, e parlavano senza accenti. Non osservavano rituali e non appartenevano a nessuna sinagoga.
Di lui si è detto che era un ateo che giurava fedeltà all’immaginazione terrena.
Aveva poco più di vent’anni quando pubblicò il suo primo libro, “Addio Columbus”, con cui vinse il National Book Award.
Dieci anni più tardi, nel 1969, arrivò il grande successo, con “Il lamento di Portnoy”, per cui fu etichettato come autore scandaloso.
Nel 1997, con “Pastorale Americana”, raccontò il declino di un uomo.
Nel 2009 aveva annunciato la fine della sua carriera da romanziere.
È stato uno dei più grandi scrittori a non aver mai vinto il premio Nobel.
In compenso, durante la sua carriera, gli sono stati riconosciuti due National Book Awards, due National Book Critics Circle e un premio Pulitzer.
“Ha parlato dell’America e dell’americanità, ma ha filtrato questi temi attraverso la storia del ventesimo secolo”, ha detto al quotidiano Washington Post Aimee Pozorski, professore associato di inglese alla Central Connecticut State University.
“Ha scritto della risposta americana all’Olocausto, ma anche dei suoi effetti in Israele e nell’Europa centrale e orientale”, ha osservato Pozorski.
Secondo il professore, Roth, “ha parlato della paura del comunismo negli Stati Uniti, ma ha considerato anche i cambiamenti culturali a Praga in quel periodo”.
“Poteva scrivere di problemi internazionali perché era veramente cosmopolita, un cittadino globale radicato nella cultura americana”, ha aggiuntoPozorski, che ha definito Roth “la voce della sua generazione”.
Un sondaggio del 2006 del New York Times sui migliori libri dal 1981 ha visto sei di romanzi di Roth tra i primi 22.
Roth si è spento esattamente una settimana dopo un altro gigante della letteratura americana, Tom Wolfe.
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