Anche le autorità pakistane nutrono dubbi sulla morte di Sana Cheema e hanno aperto un’inchiesta. (In questo articolo abbiamo ricostruito la vicenda).
La ragazza di 25 anni, cresciuta in Italia e di origini pakistane, è morta lo scorso 21 aprile in circostanze ancora poco chiare.
Il padre, Mustafa Ghulam, 56 anni, lo zio, Iqbal Mazhar, e il fratello 31enne, Adnan Cheema, sono stati formalmente iscritti nel registro degli indagati da parte della procura generale di Kunjah, in Pakistan, con l’accusa di occultamento di cadavere e non potranno lasciare il paese.
Nella giornata di martedì 24 è attesa la convalida dei tre fermi.
Oltre il padre, lo zio e il fratello, sono accusati altri due uomini, tra cui un medico e l’autista che avrebbe trasportato il cadavere di Sana Cheema.
Stando alle prime indiscrezioni emerse dall’indagine – e diffuse sui media locali – il padre della ragazza aveva organizzato un matrimonio combinato tra Sana e un suo parente.
Al rifiuto della ragazza, che avrebbe invece voluto sposarsi in Italia, il padre avrebbe ordito un complotto per ucciderla, cospirando insieme al figlio, Adnan Mustafa, e al fratello, Mazhar Iqbal.
La ragazza sarebbe stata uccisa e la famiglia avrebbe simulato un malore.
In più, sempre in Pakistan, la magistratura ha deciso di disporre l’autopsia sul corpo della ragazza e di mettere sotto sequestro l’area di Gurjat, dove Sana è stata sepolta.
Nel frattempo, è emerso come il padre della 25enne avesse lasciato la casa di Brescia due settimane prima del 21 aprile e si sarebbe tenuto in contatto con i connazionali negando ogni sua responsabilità nella morte della figlia.
Solo adesso in Pakistan si comincia a guardare al caso come un possibile omicidio. Negli ultimi giorni si è sempre pensato che la 25enne cresciuta e frequentando le scuole a Brescia dove aveva aperto anche un’agenzia di pratiche automobilistiche, fosse morta per un malore.
Nell’indagine aperta dalla procura asiatica è finito anche un certificato sanitario risalente all’11 aprile – una settimana prima rispetto alla morte indicata il 18 aprile – che mostrerebbe come la pakistana si sia presentata in ospedale dopo essere svenuta in strada, pare per pressione bassa.
Intanto sui social network sono partiti gli hashtag #truthforSana e #VeritàperSana, per fare chiarezza su una vicenda tutt’altro che chiusa.
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