Il dissidente cinese di 61 anni, Liu Xiaobo, insignito del premio Nobel per la pace nel 2010, è morto. A riferirlo è stata l’agenzia di stampa Reuters.
L’uomo era stato scarcerato alla fine di giugno 2017 a causa di un cancro terminale al fegato. Liu si trovava in carcere dal 2009 per scontare una condanna a 11 anni per “sovversione” ed era stato posto in libertà condizionale. Anche sua moglie Liu Xia si trova agli arresti domiciliari da quando il marito ha ricevuto il premio Nobel, ma non è mai stata accusata formalmente.
Xiaobo aveva insegnato alla Normal University di Pechino ed era stato il coautore della petizione Charter 08 che chiedeva alle autorità della Repubblica popolare una riforma in senso democratico dell’assetto istituzionale.
L’uomo è stato anche imprigionato in un campo di lavoro per tre anni dopo aver chiesto la liberazione dei prigionieri politici che avevano partecipato alle manifestazioni di piazza Tienanmen del 1989. Il 12 luglio la famiglia aveva rifiutato la respirazione artificiale per il premio Nobel.
Diversi leader di governi del mondo avevano protestato per il trattamento riservato al dissidente cinese. La Germania in particolare aveva chiesto a Pechino di permettere a Liu Xiaobo di curarsi all’estero.
La presidente del comitato per l’assegnazione del premio Nobel per la pace, Berit Reiss-Andersen ha dichiarato di aver ricevuto la notizia della morte di Xiaobo con grande tristezza. “Mi disturba il fatto che i rappresentanti del mondo libero che tengono in alta considerazione la democrazia e i diritti umani, non riescono a battersi per quegli stessi diritti in altri paesi”, ha dichiarato la Reiss-Andersen.
“Il governo cinese ha una grave responsabilità per questa morte prematura”, ha aggiunto la presidente. “Liu Xiaobo doveva essere trasferito in una struttura sanitaria dove avrebbe potuto ricevere le cure prima di raggiungere lo stadio terminale”, ha concluso la Reiss-Andersen.
Anche Zeid Ra’ad al Hussein, Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, ha commentato la scomparsa del premio Nobel per la pace cinese. “Il movimento in favore del rispetto dei diritti umani in Cina e nel mondo ha perso il suo principale campione”, ha dichiarato al Hussein.
L’Alto commissario ha chiesto anche al governo di Pechino di permettere alla moglie di Xiaobo, anch’essa detenuta, di viaggiare all’estero.
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