Prima d’intervenire i dottori hanno aspettato che il bimbo che portava in grembo morisse, naturalmente. Perché in Polonia questo prevede la legge: prima d’indurre il parto o procedere col raschiamento dell’utero, bisogna aspettare. Anche la prima figlia e il marito di Izabela aspettavano che lei uscisse dall’ospedale. Anche Iza aspettava. Che il suo bambino morisse “naturalmente”. Distesa nel lettino, vigile e consapevole, a furia di aspettare poi è morta anche lei.
Aveva trent’anni ed era incinta di ventidue settimane. Il 21 settembre è entrata nell’ospedale di Pszczyna, una cittadina tra le campagne della Slesia, nella Polonia meridionale. Si è presentata perché perdeva liquido amniotico. Dopo alcuni controlli le hanno diagnosticato una malformazione fetale e le hanno detto che il bimbo che aveva in grembo sarebbe morto. Nonostante questo, nessuno le ha indotto il travaglio né effettuato il raschiamento dell’utero fino a quando il battito cardiaco del feto non s’è arrestato. È stato proprio durante quella straziante attesa che nel corpo di Iza si è fatta largo un’infezione che l’ha uccisa. «Uno shock settico», hanno detto in ospedale.
Di Izabela oggi restano i messaggi inviati col cellulare ai familiari mentre era ricoverata. In un sms pubblicato dalla tv polacca Tvn, Iza scrive a sua madre: «Il bambino pesa 485 grammi, per lui non c’è niente da fare. E nemmeno io posso fare niente, per via della legge sull’aborto, mi hanno detto che devo sdraiarmi e basta, aspettando che muoia da solo. Non conosco i tempi, non so cosa mi succederà». Ventiquattr’ore dopo l’invio, Izabela è morta….
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