Si spostano a piedi, nascosti sotto i camion o sui treni, trasportati in macchina in autostrada dai passeur, attraversano boschi e montagne pericolose come il Passo della morte tra Italia e Francia, spesso di notte, per superare confini blindati, vengono respinti una, due, dieci, venti volte, in modo spesso brutale e illegale, nonostante abbiano meno di 18 anni, anche tra Paesi Membri dell’Ue. Ma non si arrendono. Sono tanti i racconti dei minori stranieri non accompagnati, a volte poco più che bambini, che parlano delle atrocità subite o a cui hanno dovuto assistere, soprattutto lungo la rotta balcanica: ragazzi che raccontano di essere stati derubati, picchiati, denudati in Croazia, detenuti e sottoposti a violenze in Bulgaria.
Queste testimonianze sono state raccolte da Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro – nel suo nuovo rapporto “Nascosti in piena vista. Minori migranti in viaggio (attra)verso l’Europa”, a cura del giornalista Daniele Biella, accompagnato sul campo dal fotoreporter Alessio Romenzi. In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, il Rapporto lancia un allarme sui moltissimi minori soli che si muovono come fossero fantasmi. “Ogni giorno e ogni notte attraversano i confini degli stati membri dell’Unione Europea, Premio Nobel per la pace, che continua a chiudere gli occhi di fronte alle violenze che i migranti sono costretti a subire” afferma Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.
Minorenni invisibili che sono continuamente esposti al rischio di incidenti, traffico di esseri umani, violenze psicologiche e fisiche, anche per mano istituzionale. Una volta arrivati in Italia, minori e famiglie continuano a essere vittime di respingimenti alle frontiere interne, che in particolare per i minori soli sono illegali. Solo nel mese di aprile sono stati 107 i minori stranieri non accompagnati che hanno fatto ingresso in Italia dalla rotta balcanica intercettati e accolti nel sistema di protezione italiano. La punta di un iceberg ben più consistente. Sempre ad aprile, 24 di loro hanno invece lasciato volontariamente le strutture di accoglienza del Friuli Venezia Giulia per raggiungere la frontiera ovest italiana, al confine con la Francia, a Ventimiglia o a Oulx. E ancora 24 sono le segnalazioni di respingimenti da parte della polizia di frontiera francese.
La voce di questi ragazzi coraggiosi ma ‘invisibili’ è stata raccolta da un team di ricerca di Save the Children per fare luce su una rotta delicata e complessa, due mesi trascorsi tra Oulx, Ventimiglia, Udine e Trieste, ripercorrendo le tracce di minori e famiglie nei luoghi di passaggio formali e informali, lungo i sentieri di montagna in entrata dalla Slovenia e in uscita verso la Francia, ascoltando le loro voci, così come quelle delle persone e organizzazioni della società civile che li stanno aiutando, oltre alle istituzioni territoriali che hanno competenza lungo quelle frontiere.
Il rapporto “Nascosti in piena vista. Minori migranti in viaggio (attra)verso l’Europa” sintetizza un lavoro sul campo che vuole gettare luce su ciò che quotidianamente accade alla Frontiera Nord d’Italia, interessata da un passaggio continuo di minorenni stranieri non accompagnati, che entrano ogni giorno in Friuli-Venezia Giulia, tra Trieste e Udine, dove arrivano a piedi dalle montagne carsiche o lasciati nelle strade di provincia da passeur senza scrupoli. Da qui o dalle regioni meridionali dove sbarcano, una decina di minori non accompagnati raggiungono inoltre ogni giorno Ventimiglia, in Liguria.
A Oulx, sempre sul confine italo-francese, ogni giorno sono almeno tre/quattro i minori soli ad approdare a un rifugio che li accoglie dopo i traumi e le fatiche del loro viaggio. I minorenni non accompagnati sono in gran parte maschi, ma non mancano i casi di ragazze in viaggio da sole, in particolare da Paesi dell’Africa Occidentale. Il rischio di tratta e sfruttamento è concreto: in mancanza di vie legali e sicure gli e le adolescenti sono esposti a grandi rischi, ad attraversare pericolosi sentieri di montagna di notte, a vivere di stenti, a fidarsi dei passeur e di chiunque prometta loro un aiuto per l’attraversamento dei confini.
Tutto questo avviene quasi alla luce del sole. Ma solo per chi lo vuole vedere. Le frontiere sono ancora più chiuse dallo scoppio della pandemia e la libera circolazione del trattato di Schengen sembra il ricordo di un passato lontano. In Francia, a Mentone, i minori soli – come riferiscono gli attori locali e gli stessi minori intervistati – oltre a venire rinchiusi in container alla stregua degli adulti, si vedono la propria data di nascita cambiata per risultare maggiorenni e quindi respingibili verso Ventimiglia, mentre tra la cittadina italiana di Claviere e la francese Monginevro, come denunciano gli operatori, se trovi il “poliziotto buono” sei accolto e tutelato, altrimenti vieni considerato maggiorenne e devi tornare da dove sei partito qualche ora prima. A Trieste, fino a pochi mesi fa le forze di polizia italiane seguivano una prassi non meno preoccupante verso chi arrivava dalla Slovenia, la quale prevedeva che, in assenza di dubbi della polizia sull’età adulta, si potesse prescindere dall’eventuale dichiarazione di minore età – non applicando quindi le garanzie, anche giurisdizionali, previste per l’accertamento dell’età dalla L.47/2017 (Legge Zampa) – con il risultato che l’Accordo italo-sloveno che prevede la possibilità di riammettere i migranti sul territorio sloveno in maniera informale rischiava di essere applicato anche ai minorenni. Oggi le riammissioni verso questo Paese sono sospese, ma durante una recente audizione in Parlamento, il Prefetto di Trieste ha annunciato che potrebbero riprendere.
“Non si può più dire “non sapevamo”. E soprattutto è necessario cambiare rotta subito: gli Stati membri dell’Unione Europea potrebbero gestire virtuosamente questi flussi di minori vulnerabili. Non solo in nome della solidarietà, che è un valore fondante, ma anche per cogliere l’opportunità di rendere parte attiva della società tutti questi ragazzi determinati a costruirsi un futuro. La Commissione europea si deve impegnare per arrivare a una Raccomandazione agli Stati Membri o ad altro atto di rango europeo che richieda di adottare e applicare politiche volte ad assicurare la piena protezione dei minori non accompagnati ai confini esterni e interni dell’Europa e sui territori interni e a promuovere il loro benessere e sviluppo, anche mediante strategie tese all’inclusione scolastica e formativa. Inoltre, a livello italiano, è necessario emanare i decreti attuativi della L. 47, che tutelano i minori stranieri non accompagnati, e gli stanziamenti destinati dalla Legge di Bilancio ai Comuni transfrontalieri dovrebbero essere in parte vincolati all’attivazione di progetti di assistenza umanitaria” aggiunge Raffaela Milano.
A fine aprile 2021 erano 6.633 le ragazze e i ragazzi stranieri non accompagnati censiti sul territorio italiano; nello stesso mese in 302 si sono allontanati dalle strutture di accoglienza.
Sempre ad aprile 2021 gli ingressi registrati in Italia sono stati 453, di cui 149 da sbarchi. Gli altri 304 sono invece stati rintracciati sul territorio, probabilmente passati dalla Rotta Balcanica a piedi o con i camion. Questo i dati ufficiali anche se, secondo stime degli operatori, il numero complessivo potrebbe essere molto più alto.
Trieste, Udine e la Rotta balcanica
Nel 2020 sono state effettuate verso la Slovenia 301 riammissioni dalla provincia di Gorizia e 1000 dalla provincia di Trieste. Tra queste, potrebbero esserci diversi minori, considerato che in quel periodo erano in vigore due direttive della Procura che lasciavano all’agente di polizia in frontiera la possibilità di considerare il ragazzo maggiorenne senza applicare gli accertamenti e le garanzie anche giurisdizionali previsti dalla legge Zampa.
Tali riammissioni, che avvenivano se la persona veniva trovata in un raggio di 10 chilometri dal confine o comunque nelle 24 ore seguenti all’arrivo, hanno determinato, a cominciare dalla primavera-estate 2020, un cambiamento del flusso in entrata in Friuli Venezia Giulia: i passeur hanno iniziato a portare gruppi di persone migranti più a nord e nell’entroterra, nei dintorni di Udine. Da allora quella zona è molto coinvolta negli arrivi. Il 19 maggio 2021 il team di Save the Children ha constatato l’arrivo di più di 100 persone solo nella notte precedente. In tutto il Friuli Venezia Giulia gli arrivi sono in crescita, nei primi quattro mesi del 2021 si registra un aumento dei flussi già del 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Spesso però i minorenni soli, in particolare gli afghani e i pakistani, si allontanano dalle strutture per proseguire il loro viaggio, quasi tutti dopo poco tempo. Negli ultimi tempi si registra un aumento dei traumi psicologici di alcuni minori, in prevalenza pakistani. Che questi traumi possano essere legati alle esperienze subite lungo la rotta balcanica, lo dimostrano diversi racconti tra cui quello di Abdel, neomaggiorenne arrivato l’anno scorso in Italia, ora in prosieguo amministrativo in comunità: “Sogno spesso le violenze della polizia nei boschi della Croazia. Una volta ci hanno fatto camminare senza sosta in salita per ore, continuando a darci percosse, un poliziotto si divertiva a farlo, gli altri gli dicevano di smetterla ma lui andava avanti. Un’altra volta ci hanno denudato e gettato in un fiume gelido, con le rocce che spuntavano dall’acqua. Una volta invece la polizia è arrivata, i piedi erano feriti e non siamo riusciti a scappare, avevano i cani. Uno di noi è stato bastonato dalla polizia alla testa ed è morto sul colpo. È morto e l’hanno preso e buttato nel fiume, il suo corpo non l’abbiamo ritrovato”.
Abdel, superato l’incubo della rotta, ha scelto di restare in Italia e ora ha il sogno di aprire un ristorante. Lui ha un tutore volontario che lo segue, ma è uno dei pochi. In Friuli Venezia Giulia, seconda regione per presenza di minori stranieri accolti dopo la Sicilia, è infatti molto bassa la presenza di tutori volontari.
Abdel è uno dei tanti che parla del game, come i ragazzi lo chiamano, il crudele “gioco” degli attraversamenti tra le frontiere balcaniche, le settimane di cammino e mesi di attesa, preoccupazione, paura fino a quando sbucano dai boschi della Slovenia a Trieste, nel paesino di Dolina, lungo la ciclabile della Val Rosarno, a Basovizza, o nella miriade di altri luoghi del Carso lungo i 232 chilometri di confine con l’Italia.
Spesso sono respinti più volte ai confini esterni dell’Unione Europea, come quello croato-bosniaco, anche più di 20 volte brutalmente, oppure con respingimenti a catena su più confini: solo ad aprile 2021, ci sono stati 1.216 respingimenti tra Croazia e Bosnia, di cui 170 a catena dalla Slovenia, 5 a catena tra Italia, Slovenia e Croazia e 1 tra Austria, Slovenia e Croazia. Per quanto riguarda i minorenni soli, l’ufficio locale Save The Children dei Balcani Nord Occidentali ha raccolto le testimonianze di ben 84 di loro (quasi tutti afgani e pakistani), in tre zone al confine bosniaco. Il quadro che ne emerge è drammatico: almeno 7 a testa (ma alcuni di loro erano arrivati a quota 15) i respingimenti da parte delle autorità croate, per un totale di 451 tentativi di attraversamento della frontiera.
“Dall’inizio della crisi migratoria del 2015 abbiamo garantito un supporto urgente ai più vulnerabili, in particolare famiglie con bambini e minori non accompagnati, soprattutto in Grecia e Serbia” spiega Dubravka Vranjanac, Emergency Response Team Leader di Save the Children per la Bosnia Erzegovina. “Ma dal 2018, con il deterioramento della situazione umanitaria, abbiamo avviato una presenza anche in Bosnia Erzegovina: ogni giorno ci sono da mettere in campo servizi di assistenza, di protezione dei minori, di formazione degli operatori coinvolti e di attività educative.
Allo stesso tempo, svolgiamo un’intensa attività di advocacy per assicurarci che i bisogni dei minori siano la priorità nell’emergenza”. Dato che il flusso lungo la rotta balcanica non accennava a diminuire, Save the Children ha attivato nel 2017 anche il Balkans Migration and Displacement Hub (BMDH) che monitora la situazione delle persone lungo il cammino, raccogliendo testimonianze e dati utili per affrontare il fenomeno su larga scala. L’Hub si occupa di monitorare e analizzare le dinamiche e i flussi in Grecia, Macedonia, Serbia, Bosnia, Kosovo, Albania e Romania.
VENTIMIGLIA: i respingimenti della Francia
Gyasi ha 17 anni, è nato in Ciad e ha una gamba ferita da una pallottola sparatagli da un poliziotto libico quando è scappato dal centro di detenzione. Un mese prima era sopravvissuto dopo tre giorni in mare su un gommone con il motore in panne, era stato recuperato dalla Guardia costiera libica e ricondotto nel centro di detenzione in cui aveva passato i successivi 20 mesi. Una volta ripartito, è arrivato in Sicilia e dopo la quarantena a Ventimiglia.
Il team di Save the Children lo incontra dopo una notte passata in un container, con decine di persone migranti, adulti e bambini, al posto di polizia di frontiera francese di Mentone, al confine con l’Italia, dove era stato chiuso dopo il respingimento alla frontiera, assieme al suo compagno di viaggio del Sudan anch’esso minorenne: “Ho dichiarato la mia data di nascita, 2004, quella con cui sono stato registrato allo sbarco in Sicilia. Ma non mi hanno creduto e mi hanno riportato in Italia scrivendo sul refus d’entrée una data che mi fa risultare maggiorenne”. Altri minori denunciano la stessa prassi, respinti come maggiorenni oppure per la mancanza di tampone molecolare anti-Covid o del possesso dell’importo minimo di soldi per soggiornare in Francia.
Dal 2015 la Francia ha ristabilito i controlli alle frontiere dell’UE, giustificandoli con il rischio di infiltrazioni terroristiche. E da allora i numeri dei respingimenti sono esplosi: i 50mila respinti del 2017 sono il dato peggiore, mentre dal confronto tra i 15mila del 2019 e i 22mila del 2020 emerge che il Covid-19 non ha fermato l’esodo. Nel solo aprile 2021 sono state 18 le segnalazioni di minori non accompagnati respinti. Ma sono dati parziali, perché non riguardano tutti i passaggi di frontiera.
Le nazionalità più diffuse nel primo semestre del 2021 sono Costa d’Avorio, Eritrea, Sudan, Mali, Nigeria e altri Stati dell’Africa Occidentale per quanto riguarda gli arrivi di singoli e famiglie dalla Frontiera Sud e, in minor misura, pakistani, afghani e iraniani che non sono riusciti a passare in Francia dalla frontiera piemontese di Oulx/Claviere, o che hanno scelto la via della costa considerando le montagne troppo pericolose. Da Costa d’Avorio ed Eritrea si segnala il passaggio di ragazze sole o con accompagnatori molto più grandi, sintomo di una probabile tratta.
Save the Children, che a Ventimiglia ha attivato un Child Friendly Space in partenariato con la Caritas Intemelia, ha approntato in collaborazione con Diaconia Valdese anche uno spazio emergenziale per i minori soli che chiedono un ricovero notturno, un luogo dove ridurre il rischio di una notte trascorsa in strada e dove poter approfondire informazioni e dettagli circa i pericoli di un attraversamento del confine e sulle opportunità che il sistema di protezione italiano garantisce loro. Inoltre, nell’ambito dell’intervento di protezione in loco, Save the Children e UNICEF, il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia, hanno unito le proprie forze per dare una risposta immediata ai bisogni essenziali di bambini e adolescenti, delle loro famiglie e delle donne sole in arrivo e in transito.
Tra gli interventi: primo soccorso psicologico, informazioni sui loro diritti, nonché sui servizi e sulle opportunità disponibili, una valutazione tempestiva delle potenziali vulnerabilità e problemi di protezione specifici, tra cui quelli connessi alla violenza di genere, e con la distribuzione di kit contenenti materiali utili per il viaggio e l’igiene personale. Nel 2020 sono stati 45 i minori rintracciati, 21 nei primi 3 mesi del 2021, tutti collocati in accoglienza. Molti anche i nuclei familiari che passano arrivando sia dalla Rotta balcanica sia dall’Africa Occidentale e quindi dal Sud Italia.
Oulx- Le famiglie in viaggio
Ancora respingimenti, anche di famiglie intere. È il caso di quella incontrata al rifugio Massi, nei pressi della stazione di Oulx, alta Valle di Susa. Una famiglia irachena con un bimbo di due anni e una di 10 anni, cardiopatica, è stata respinta dalla polizia francese la notte precedente mentre stava provando a passare il confine sulle montagne. La sera dopo si è rimessa in viaggio, di nuovo verso le montagne attorno al colle del Monginevro. A due anni dalla partenza dall’Iraq, dopo avere attraversato a piedi tutti i boschi dei Balcani.
Vengono dall’Iraq ma anche dall’Iran, Afghanistan, Pakistan, addirittura qualcuna dal Nepal. Sono determinatissime, non tornano indietro, né si fermano, vogliono arrivare alla meta prescelta. Fino a poco più di un anno fa non era così, si vedevano molti meno bambini. Spesso vengono rimandati indietro dalla Paf, la polizia di frontiera francese. Dal rifugio al buio si mettono in cammino per provare a passare il confine senza essere bloccati, più in alto si va sulla montagna, minore è il rischio di essere intercettati dalla polizia francese, ma aumenta quello dell’ipotermia.
Tra aprile e maggio, nei due mesi di monitoraggio di questa ricerca, sono state almeno due al giorno le famiglie passate dal rifugio, quasi tutte con almeno due figli, per un totale minimo di 60 nuclei al mese, ovvero almeno 240 persone. In passato poteva accadere che la polizia francese scaricasse le persone sul bordo della strada. Un episodio legato all’abbandono di minori non accompagnati fece scalpore e dopo le proteste del governo italiano la prassi è cambiata. Ora la polizia francese quando intercetta le persone sui sentieri chiama il Commissariato di Bardonecchia senza rilasciare alcun documento, con il risultato che il respingimento non può essere impugnato dagli avvocati francesi, in particolare quando a essere respinto è chi invece avrebbe diritto all’accoglienza, come un minore non accompagnato.
Le proposte di riforma del sistema di asilo e migrazione europeo non riescono ad affrontare le peggiori, e molto diffuse, conseguenze delle attuali norme, compresa la creazione di strozzature in prossimità delle frontiere esterne dell’UE e i movimenti secondari, che coinvolgono anche i minori. “Le istituzioni europee hanno ora l’occasione di cambiare questa situazione, basandosi sul lavoro svolto in modo efficiente dal Parlamento europeo e dalla Commissione durante la scorsa legislatura, per evitare sofferenze ai minori e rischi di tratta e sfruttamento all’interno dell’UE e in particolare ai suoi confini interni” dice Raffaela Milano.
Sono molteplici le storie raccolte, la maggior parte di coraggio e sofferenze, e molti soprusi rimangono impuniti: “Hanno preso i soldi da ogni famiglia. Hanno picchiato anche noi. Tenevano dei bastoni di plastica. Ci hanno colpito con quelli”, ci racconta Zalmai, che viene dall’Afghanistan, da dove è venuto via con la moglie tagika Jamila, sua coetanea e due figlie che ora hanno 6 e 4 anni. Dopo l’esperienza nel campo di Moria sull’isola di Lesbo, Jamila prende i tranquillanti e anche le bambine, soprattutto la più piccola, manifestano problemi psicologici: “A volte urla e si dimena per diversi minuti, incontrollabile, senza un apparente motivo scatenante” afferma la mamma. “Sapete che gioco fanno ogni tanto? Quello del poliziotto che picchia il migrante. Purtroppo hanno visto quando la polizia croata ci ha malmenato, e non se lo dimenticano”, spiega a voce bassa il padre. Le indegne esperienze traumatiche vissute dai bambini in questi viaggi si affiancano a un altro aspetto rilevato dal team: la forza di questi ragazzi e bambini e il ruolo di portavoce della famiglia. Parlano più lingue, usano smartphone e tecnologia, si orientano bene e capiscono al volo chi può essere più utile.
“Le testimonianze dei tanti minori soli incontrati ai confini Nord del Paese impongono un immediato intervento per garantire protezione e accoglienza nel rispetto dei fondamentali diritti di ogni minore in Europa. E’ altrettanto urgente attivare un monitoraggio efficace e indipendente delle frontiere, anche al fine di garantire una presa in carico delle persone più vulnerabili da parte delle organizzazioni di tutela. Questo anche per contrastare i gravissimi fenomeni di sfruttamento e di traffico di esseri umani. Chiediamo con forza che il Consiglio europeo del 24 e 25 giugno, che ha già la crisi migratoria tra i temi all’ordine del giorno, affronti con determinazione questo tema, mettendo al centro la tutela dei diritti dei minori”, conclude Raffaela Milano.
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