Minori omosessuali: l’Italia non ha ancora vietato le “terapie riparative”
L’11 maggio del 2016 la legge sulle unioni civili che porta il nome di Monica Cirinnà veniva approvata in via definitiva dalla Camera dei Deputati con 372 voti favorevoli e 51 contrari. Un iter travagliato, non privo di ferite (in particolare, per ciò che riguarda la stepchild adoption), mai sanate. Ci sono voluti anni per smorzare una politica nazionale ipocrita (si veda da ultimo la recente querelle sui congiunti) nel riconoscere ciò che nel tessuto sociale c’è e c’è sempre stato, l’amore. Ma ora, giunti al quarto anniversario di questo importante riconoscimento normativo, possiamo affermare come i tempi siano maturi per fare i conti con un altro necessario atto di civiltà: la messa al bando delle cosiddette “terapie riparative” o di conversione dei minori LGBT*.
Parliamo di “Terapie” e “Trattamenti” che implicano, tra le altre cose, pratiche come ipnosi ed elettroshock, già bollati come antiscientifici dalla comunità degli esperti (medici, psicologi, psichiatri), ma che si sostanziano in vere e proprie violenze atte a coartare la libertà morale delle (sottolineamolo) vittime e che spesso hanno esiti come ansia, depressione ed un aumento impressionante degli istinti suicidi. Secondo un sondaggio condotto da “The Trevor Project”, organizzazione americana senza scopo di lucro fondata nel 1998 con l’obiettivo di prevenire il suicidio delle persone LGBT*, il 42% di giovani sottoposti a terapia di conversione dell’orientamento sessuale o identità di genere, ha tentato il suicidio nel 2019. Eppure lo diceva Sigmund Freud nel 1920: “L’impresa di trasformare un omosessuale in un eterosessuale non offre prospettive di successo molto migliori dell’impresa opposta”.
Nonostante questo, nel sottobosco para-scientifico si annida chi di questa pratica ne fa una missione “etica”, di correzione di condizioni ritenute patologiche. Fortunatamente, invece, molti Stati hanno preso posizione con interventi legislativi a livello penale molto netti. Nel 2015 Barack Obama annunciò il suo sostegno alla messa al bando di tali “pratiche”. A distanza di 5 anni, sono 20 gli Stati americani che hanno legiferato. L’ultimo, la Virginia, lo scorso marzo. Il governatore Ralph Northam annunciò l’approvazione della legge dicendo: “Le terapie di conversione inviano il dannoso messaggio che ci sia qualcosa di sbagliato in quello che sei. Questa pratica discriminatoria è stata ampiamente screditata negli studi e può avere effetti duraturi sui nostri giovani, mettendoli a maggior rischio di depressione e suicidio”. Nel dicembre 2016 i deputati del parlamento di Malta approvarono un testo all’unanimità che sanzionava penalmente “ogni pratica mirante a cambiare, reprimere o sopprimere l’orientamento sessuale, l’identità di genere o l’espressione di genere di una persona”.
Pochi giorni fa è stata la Germania ad intervenire grazie al lavoro del cristiano democratico Jens Spahn, ministro della Salute che, di concerto con gli esperti (psichiatri, medici e legali) guidati dalla fondazione Magnus Hirschfeld, il primo istituto di ricerca sessuologica tedesco, è riuscito a far approvare dal Bundestag il divieto di terapie di conversione su minori di 18 anni, con la previsione di pene fino a un anno di carcere per chi le pratica su soggetti minorenni e costringe, inganna o minaccia maggiorenni a sottoporvisi. La pubblicità o l’offerta di terapia di conversione è previsto che comportino, invece, una multa di 30.000 euro.
“L’omosessualità non è una malattia. Pertanto, anche il termine terapia è fuorviante. Questa pratica rende malato e non sano. E un divieto è anche un segnale sociale importante per chiunque abbia difficoltà con la propria omosessualità: stai bene così come sei” ha dichiarato il ministro tedesco. E l’Italia? Resta al palo. Nel 2016 l’ex senatore del Partito Democratico Sergio Lo Giudice presentò un disegno di legge che fece storcere più di un naso tra i suoi stessi colleghi. Di quel testo non vi è più traccia, mentre la politica odierna discute di congiunti e affetti stabili, trascurando qualcosa di più serio: la salute e il futuro dei minori LGBT*.