Senza acqua, senza elettricità, senza servizi igienici e con temperature che facilmente possono sfiorare i -20 gradi centigradi: è questa la grave condizione in cui versano gli sfollati (tutti uomini, richiedenti asilo, provenienti per lo più da Pakistan e Afghanistan) che da quasi 20 giorni sono bloccati nel nord della Bosnia.
Lo scorso 23 dicembre, il campo profughi di Lipa, nella città bosniaca nordoccidentale di Bihać, nel cantone di Una-Sana, è stato distrutto da un incendio in circostanze ancora da chiarire. Da allora, un migliaio di persone, che hanno tra i 19 e i 60 anni sono rimaste senza alloggio e senza nulla. Il campo di Lipa è molto vicino al confine con la Croazia e da lì le persone migranti cercano solitamente di entrare in Unione Europea.
“Nelle ultime due settimane, abbiamo assistito con crescente preoccupazione alla terribile situazione umanitaria che devono affrontare molti migranti in Bosnia”, ha detto martedì in una conferenza stampa Paul Dillon, portavoce dell’agenzia ONU per le migrazioni IOM.
Secondo le stime dell’OIM, attualmente ci sono quasi 3.000 migranti e rifugiati nel nord della Bosnia che devono affrontare il rigido clima invernale senza un riparo adeguato. Secondo quanto riferito, tra i 900 e i 1.400 uomini vivono ancora nel campo andato a fuoco, altri circa 1.500 migranti e rifugiati – comprese donne e bambini – stanno dormendo nella regione di Una Sana Canton, che confina con la Croazia.
Di recente anche l’Alto rappresentante per gli Affari Esteri dell’UE, Josep Borrell ha criticato le autorità locali bosniache affermando: “nelle ultime settimane abbiamo assistito a una grave crisi umanitaria che ha riguardato centinaia di migranti in Bosnia ed Erzegovina”.
Il governo bosniaco aveva deciso il trasferimento nel centro di accoglienza di Bira, sempre nella città di Bihać, che è stato ristrutturato con 3,5 milioni di euro provenienti dall’UE, ma che è ancora vuoto. Anche in questo caso, davanti all’intransigente rifiuto delle autorità locali e dei residenti di Bihać di ospitare anche in via temporanea i profughi, non è stato fatto nulla. Il governo ha per ora inviato a Lipa l’esercito per allestire delle tende sulle rovine del campo: una misura però insufficiente.
Stesso l’Alto rappresentante Borrell ha ricordato che il centro di Bihać “è stato ristrutturato con 3,5 milioni di euro di sostegno dell’UE”. Il centro di Bira, ha detto, “è adatto alle condizioni invernali ma è vuoto, a causa dell’opposizione delle autorità locali e della popolazione ad aprirlo”.
L’Unione europea è allarmata dalla situazione e ha continuato a fornire assistenza finanziaria, ha detto Peter Stano, portavoce della politica estera dell’Unione Europea: “Dal 2018 l’Unione Europea ha speso 89 milioni di euro per sostenere la Bosnia-Erzegovina nella gestione del flusso di migranti” e lo scorso 3 gennaio la Commissione europea ha sbloccato altri 3,5 milioni di euro in aiuti umanitari per affrontare la situazione specifica del cantone di Una Sana. Nel frattempo nessun paese dell’Ue si è finora offerto di accogliere migranti o rifugiati dalla Bosnia. La Croazia, che condivide un confine con la Bosnia, è accusata di brutali respingimenti al confine. Tali respingimenti sono stati più volte provati dalle varie organizzazioni umanitarie presenti sul luogo e documentati da giornalisti internazionali.
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