Undici persone sono state torturate e uccise in una casa a Ciudad Juarez nello Stato di Chihuahua, nel nord del Messico, al confine degli Stati Uniti.
La notizia è stata data dal procuratore generale dello Stato.
La polizia, una volta sulla scena del delitto, ha rinvenuto i corpi di otto uomini e tre donne appesi a testa in giù, con evidenti segni di tortura e con colpi d’arma da fuoco in testa.
La casa sembra fosse frequentata da una gruppo criminale e il massacro potrebbe essere legato a un regolamento di conti tra bande.
Secondo quanto riferito dai media locali, nella casa sono state ritrovate diverse dosi di anfetami e le forze di polizia ritengono che l’abitazione fosse un luogo in cui la gente si riuniva per assumere la droga.
Il giorno precedente al massacro nella zona si è registrato un duro scontro fra bande di narcotrafficanti.
Nell’incidente è rimasto ucciso anche Juan Arturo Padilla Juárez, noto anche come El Genio, uno dei leader della banda de Los Aztecas.
Gli 11 corpi sono statti ritrovati in un’abitazione nello Stato di Chihuahua, in cui si registra uno dei più alti tassi di violenza della criminalità organizzata in Messico.
Nei primi sei mesi del 2018 si sono registrai 534 omicidi omicidi a Ciudad Juarez e luglio ci sono stati 177 omicidi, secondo i dati del Segretariato esecutivo del Sistema nazionale di sicurezza pubblica.
Il Messico è anche considerato uno dei paesi più pericolosi del mondo per i giornalisti: nel 2017, 12 giornalisti sono stati uccisi e in molti casi gli autori non sono ancora stati identificati.
Dal 2010 inoltre sono stati uccisi 66 giornalisti e non è mai stato trovato alcun colpevole.
Questi numeri dimostrano quanto sia difficile fare il cronista in Messico e quanto poco interesse ci sia tanto nel proteggere chi svolge questa professione, quanto nel cercare di punire chi commette questo genere di omicidi.