Dopo i tentativi falliti di conquistare una città al sud dell’Ucraina (qui gli ultimi aggiornamenti), il Cremlino ha sollevato nuovamente lo spettro dell’atomica e il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha ribadito che l’allerta nucleare è una priorità. In un’intervista al Guardian, l’ex presidente russo Dmitry Medvedev – oggi vice capo del consiglio di sicurezza del Paese – ha elencato nel dettaglio sotto quali condizioni la Russia sarebbe pronta a rispondere con l’uso di armi nucleari.
Il primo caso, dice, è se le la Russia venisse colpita da un missile nucleare. Nel secondo caso, risponderebbe se lei o un suo alleato venissero colpiti da qualsiasi altro tipo di armamento nucleare; il terzo caso è rappresentato da un attacco contro un’infrastruttura critica che paralizzerebbe le forze di deterrenza nucleare, mentre il quarto – e ultimo – caso sarebbe un atto d’aggressione commesso contro la Russia e i suoi alleati che metta a rischio l’esistenza stessa del Paese, anche senza l’uso di bombe atomiche – ovvero senza l’uso di armi convenzionali.
Secondo l’ex ambasciatore americano in Russia e analista Michael McFaul, si tratterebbe complessivamente di buone notizie, poiché nessuna nelle condizioni è presente, e tantomeno presa in considerazione, dall’Alleanza Atlantica. “La Nato non attaccherà mai preventivamente la Russia, né metterebbe mai in discussione l’esistenza stessa del Paese” sostiene McFaul. Quello che invece Medvedev non ha detto, e bisognerebbe dunque tenere in maggior considerazione, è se “la Nato inviasse jet da combattimenti all’Ucraina” e “se la Russia iniziasse a perdere terreno in Ucraina.” Secondo l’analista infatti, se comparato alla dottrina russa precedente all’invasione dell’Ucraina, l’intervento di Medvedev non sposta una virgola rispetto alle condizioni sotto cui la Russia utilizzerebbe le sue armi atomiche.