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    Si è chiuso il quinto round di negoziati per la Brexit

    David Davis e Michel Barnier durante la conferenza stampa conclusiva. Credit: EMMANUEL DUNAND

    Nessun progresso decisivo nel quinto round di negoziati tra Ue e Regno Unito. Nel corso di un'intervista radiofonica Theresa May ha preferito non dire cosa avrebbe votato se il referendum si fosse svolto oggi

    Di Giuseppe Loris Ienco
    Pubblicato il 9 Ott. 2017 alle 11:24 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 01:51

    Il quinto round di negoziati per la Brexit tra il team del capo negoziatore Ue, Michel Barnier, e quello di David Davis, Segretario di stato britannico per l’uscita dall’Unione, si è concluso giovedì 12 ottobre.

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    Nel corso della conferenza stampa congiunta dei capi negoziatori, Michel Barnier e David Davis hanno detto che, anche se il confronto è stato costruttivo, non sono stati fatti passi avanti significativi.

    Nonostante questo, per il capo negoziatore dell’Unione europea restano le condizioni per possibili sviluppi positivi nei prossimi due mesi.

    Secondo Barnier, Bruxelles è pronta a considerare qualsiasi scenario. La mancanza totale di un accordo, però, rappresenterebbe per entrambi “un pessimo affare”.

    Il capo negoziatore Ue ha affermato di non essere in grado di suggerire alla riunione del Consiglio europeo del prossimo 19 ottobre di aprire discussioni per il futuro.

    Qualche piccolo passo in avanti per quanto riguarda i diritti di cittadinanza: Davis ha detto che i cittadini Ue residenti nel Regno Unito avranno a disposizione un sistema di registrazione completamente nuovo, semplificato e a basso costo.

    Ma ancora nessun progresso davvero rilevante in questa prima fase dei negoziati: una situazione che preclude l’avvio di un confronto su un nuovo accordo di libero scambio tra Gran Bretagna e paesi dell’Unione.

    Sviluppi in contrasto con l’ottimismo mostrato a inizio settimana dai negoziatori inglesi, che non avevano escluso la possibilità che un accordo importante sui diritti dei cittadini europei residenti nel Regno Unito e viceversa fosse vicino.

    La situazione di stallo era stata confermata pochi giorni fa dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, che aveva giudicato “insufficienti” i progressi fatti su accordo finanziario, diritti dei cittadini e Irlanda del nord, e aveva posticipato a dicembre la deadline per una valutazione di eventuali risultati.

    Poco ottimista anche il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, secondo il quale ci sarebbe stato bisogno di un miracolo per fare i progressi necessari entro l’inizio del summit del 19.

    A inizio ottobre il Parlamento europeo ha votato una mozione non vincolante con cui ha chiesto il rinvio di ulteriori discussioni finché non siano raggiunti progressi significativi tra le due parti.

    Alcune indiscrezioni diffuse dai quotidiani inglesi hanno rivelato che, in caso di fallimento definitivo dei negoziati tra Londra e Bruxelles, la Gran Bretagna potrebbe puntare a entrare nel Nafta (North American Free Tradement Agreement), il trattato di libero scambio commerciale tra Stati Uniti, Canada e Messico.

    Polemiche per l’insicurezza di Theresa May sulla Brexit

    Intanto nel Regno Unito stanno facendo discutere le parole dette dalla prima ministra Theresa May nel corso di un’intervista radiofonica concessa al canale LBC.

    Invitata a rivelare cosa avrebbe votato se il referendum per la Brexit si svolgesse oggi, May ha preferito eludere la domanda dicendo che non può fare considerazioni basandosi su ipotesi.

    Un rifiuto che, secondo molti inglesi, sa di incertezza. Una posizione scomoda per la premier, pubblicamente impegnata a difendere la Brexit e a lanciare proclami sulla necessità di realizzarla anche in caso di mancati accordi con l’Europa.

    Nel referendum del giugno 2016, la prima ministra inglese votò contro l’uscita dalla Ue. Nel corso dell’intervista radiofonica ha difeso la scelta dell’anno scorso, dicendo di aver votato per il fronte “Remain” “per ragioni che all’epoca riteneva buone, ma le circostanze cambiano”.

    Il discorso di Theresa May ai Comuni

    Il 9 ottobre, la prima ministra Theresa May ha tenuto un discorso sullo stato dei negoziati per la Brexit alla Camera dei Comuni a Londra. 

    “Non revocheremo il processo legale iniziato con l’attivazione dell’articolo 50”, ha detto Theresa May, riferendosi all’articolo del Trattato sull’Unione europea, che disciplina il processo di abbandono del consesso europeo.

    “Il governo ha già chiarito di non avere intenzione di tornare sui suoi passi” ha aggiunto la prima ministra. “Rispetteremo il voto del popolo britannico”.

    Alla richiesta se Downing Street abbia chiesto un parere legale sulla possibilità di tornare indietro sulla Brexit, Theresa May ha risposto che non appartiene alla prassi politica di Londra di rilasciare commenti sui pareri legali richiesti.

    La prima ministra ha poi riferito che Londra si aspetta che ogni possibile accordo con l’Unione europea dovrà essere concluso per la fine del periodo negoziale di due anni, soltanto allora infatti il Regno Unito conoscerà costi e benefici della Brexit. “Stiamo negoziando un accordo”, ha confermato la prima ministra.

    Il 22 settembre scorso la premier inglese aveva riferito sulle ultime novità dei negoziati per la Brexit nel corso di un discorso tenuto a Firenze.

    May aveva proposto un periodo di transizione dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, prevista per il 2019. Questo garantirebbe al paese il pieno accesso al mercato unico europeo fino al 2021, quando saranno terminati i negoziati sulle nuove relazioni tra Londra e Bruxelles.

    In cambio May ha offerto ai cittadini europei immigrati nel Regno Unito la possibilità di restare nel paese senza modifiche al loro status. In assenza di un periodo di transizione, dal 29 marzo 2019 verranno a cadere automaticamente tutti gli obblighi, ma anche i privilegi di cui godono le imprese britanniche all’interno dell’Unione.

    L’accordo commerciale

    Intanto Downing Street ha pubblicato un documento che rivela i piani del governo di Londra per le future relazioni commerciali tra il Regno Unito e l’Unione europea.

    Il governo britannico si sta preparando a implementare un regime speciale di tassazione che possa essere applicato in caso di mancato accordo con Bruxelles.

    Nel documento i funzionari di Sua Maestà sostengono che il governo è pronto a ogni eventualità sui negoziati per la Brexit e per questo considera prudente redigere un piano in caso questi ultimi falliscano.

    “Sono previsti alcuni provvedimenti riguardo il regime IVA e le tasse sui beni di consumo”, si può leggere nel documento pubblicato dal governo. “Il documento contiene i passi che Downing Street intraprenderà in caso di mancato accordo con Bruxelles, al fine di minimizzare i disagi per le imprese e i viaggiatori”.

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