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    “Non ho paura di Bolsonaro, ho già perso la cosa più importante della mia vita: Marielle Franco”, parla la compagna a TPI

    Monica Benìcio, compagna di Marielle Franco da quando avevano 14 anni, racconta a TPI della sua battaglia per avere verità sulla la morte di Marielle

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 10 Dic. 2018 alle 14:27 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 20:25

    “Marielle incarnava tutto quello che in Brasile viene osteggiato: donna, nera, lesbica e dei bassifondi. Marielle veniva dalle favelas e si batteva per i diritti degli ultimi. Si batteva per rompere le logiche di un sistema machista, omofobico e misogino. È per questo che l’hanno uccisa”. 

    Monica Benìcio è stata la compagna di Marielle Franco, si conoscevano da quando avevano solo 14 anni.

    Marielle Franco, 38enne, attivista per i diritti delle persone Lgbtiq, è stata uccisa nel quartiere Estacio di Rio de Janeiro, un agglomerato di favelas dove vivono almeno 130mila persone la sera del 14 marzo.

    Nell’agguato ha perso la vita anche il suo autista. Da allora quella ferita è rimasta aperta e i colpevoli del brutale omicidio non sono stati individuati. Monica ha raccontato a TPI il percorso intrapreso per avere la verità sull’omicidio di Marielle e qual è lo scenario in Brasile oggi, dopo l’elezione del nuovo presidente del Partito social liberlae (Psl), Jair Bolsonaro.

    Sulla tua maglietta c’è scritto lotta con Marielle Franco, cosa vuol dire lottare con Marielle?

    Significa lottare contro i femminicidi, contro le omofobie, cercando di avere un mondo migliore.

    Ci stiamo avvicinando all’anniversario della scomparsa di Marielle, sono stati fatti dei passi in avanti nella ricerca dei colpevoli?

    Non ci sono informazioni, sono trascorsi 271 giorni dalla morte, nessuna informazione nuova dalle autorità, le uniche arrivano dai media, ma sono delle speculazioni.

    Cosa ricordi di quella sera e come hai trovato il coraggio per andare avanti?

    Ho saputo la notizia da un’amica, è davvero doloroso risvegliare quei ricordi, ma per dare seguito alla sua lotta, sono andata avanti come un pilota automatico. Non c’era altro da fare che proseguire quella lotta.

    Non hai paura?

    No.

    Come fai, non ti spaventa Bolsonaro?

    In effetti il 14 mi hanno levato qualcosa di molto importante, qualcosa per cui dovevo avere paura. Adesso non ne ho, la lotta è per far sì non accada ad altri ciò che è accaduto a Marielle. Non ho paura di Bolsonaro.

    Il Brasile di oggi è guidato da Bolsonaro, uno scenario forse peggiore per chi si occupa di diritti umani?

    Con Bolsonaro la democrazia è in pericolo, i suoi discorsi d’odio aizzano un certo tipo di forze che noi cerchiamo di combattere, è una posizione davvero complicata per chi in Brasile difende i diritti umani, i diritti delle persone lgbt, delle donne nere.

    Pochi giorni prima di morire, Marielle si stava battendo proprio per i diritti delle donne nere, ti aveva confidato qualche timore? Aveva ricevuto minacce?

    Marielle non pensava minimamente che potesse essere a rischio, amava la vita, per lei la vita era una festa, era molto allegra, se avesse pensato di essere in pericolo, in qualunque modo, avrebbe fatto qualunque cosa per impedire una situazione del genere e proteggersi.

    Le donne nere in Brasile hanno il 70 per cento in più di probabilità di essere uccise rispetto a una donna bianca, perché le donne nere rappresentano la periferia, la vulnerabilità.

    Il governo italiano ha espresso il suo appoggio a Bolsonaro, cosa ne pensi?

    L’avanzare del conservatorismo e dei discorsi fascisti non riguarda solo il Brasile o l’Italia, ma è qualcosa di globale, è importante per questo resistere, lottare anche a distanza per fronteggiare quest’avanzata.

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