La mente dietro l’omicidio della giornalista maltese Daphne Caruana Galizia è protetta. A dirlo è il marito. La famiglia della giornalista investigativa sostiene che i tre uomini in attesa del processo per l’omicidio di Galizia, abbiano agito su ordini interni di Malta, esprimendo la preoccupazione che elementi interni al governo stiano proteggendo chi ha commissionato l’omicidio.
Nella prima intervista completa dopo la morte di sua moglie nell’esplosione di un’autobomba sei mesi fa, Peter Caruana Galizia sosteneva che gli interessi politici stessero bloccando le indagini della polizia e ha detto di temere che la mente dell’omicidio non sarà mai consegnata alla giustizia.
“È chiaro che i tre uomini arruolati finora sono semplicemente degli esecutori commissionati da una terza parte”, ha detto. “I miei figli ed io non siamo convinti che il nostro governo voglia davvero stabilire chi li ha mandati, per paura che queste persone siano in effetti molto vicine al governo. Per questo motivo potremmo non sapere mai la verità”.
Gli imputati sono tutti stati dichiarati non colpevoli. La polizia sta ancora esponendo le proprie prove davanti a un magistrato, che deciderà se archiviare il caso.
Il governo maltese sostiene che la polizia non ha lasciato nulla di intentato. Il ministro della Giustizia sta offrendo una ricompensa di 1 milione di euro per chiunque abbia informazioni che porteranno al mandante dell’omicidio del 16 ottobre 2017.
Caruana Galizia aveva molti nemici e critici. Aveva sfidato tanti di coloro che detengono il potere e l’influenza a Malta: mafiosi, uomini d’affari, funzionari pubblici, avvocati, il partito laburista governante, persino l’attuale leader del partito nazionalista.
Il marito della donna oggi vive sotto la protezione della polizia, mentre i figli sono stati allontanati dall’isola, perché era troppo pericoloso rimanervi.
Le inchieste di Caruana Galizia
Caruana Galizia aveva seguito l’inchiesta internazionale sui MaltaFiles, secondo la quale la piccola isola del Mediterraneo sarebbe diventata un paradiso fiscale all’interno dell’Unione europea.
Nel corso degli anni era diventata una figura di riferimento del giornalismo investigativo maltese: tra i suoi obiettivi l’attuale premier Muscat, finito nell’inchiesta fin da quando era all’opposizione, ma anche l’ex capo dell’opposizione, Simon Busuttil, ex leader del partito nazionalista.
È stata inoltre la prima a diffondere la notizia del coinvolgimento nei Panama Papers di Konrad Mizzi e Keith Schembri, rispettivamente capo staff di Muscat e ministro dell’Energia e della Salute.
Una delle sue inchieste più recenti aveva anche lanciato ombre su Michelle Muscat, moglie del primo ministro, accusata di essere la beneficiaria di una società con sede a Panama che muoveva ingenti quantità di denaro su conti bancari in Azerbaigian.
Caruana Galizia aveva paura, aveva denunciato alla polizia di aver ricevuto minacce di morte quindici giorni prima del tragico evento.
Caruana, spesso zittita dalle autorità, pubblicava le inchieste sul suo blog. L’ultimo aggiornamento l’aveva fatto alle 2.35, pochi minuti prima di saltare in aria a bordo della sua Peugeot 108, a pochi metri da casa sua.
A chiusura del pezzo, aveva lasciato una frase che ora suona quasi profetica: “Ci sono criminali ovunque io guardi ora. La situazione è disperata”.
I politici coinvolti
Schembri è stato il principale organizzatore della campagna elettorale del 2013 che ha visto il partito laburista del premier Muscat conquistare la più larga maggioranza nella storia di Malta dalla sua indipendenza dal Regno Unito. Il politico aveva appena testimoniato al processo per corruzione, la cui indagine aveva preso il via proprio dalla pubblicazione dei Panama papers.
“Il signor Schembri sostiene di non essere corrotto, nonostante abbia messo su una società segreta a Panama insieme al ministro Konrad Mizzi e al signor Egrant, pochi giorni dopo che i laburisti hanno vinto le elezioni nel 2013, nascondendola in un fondo fiduciario top-secret in Nuova Zelanda, andando poi a caccia in tutto il mondo di banche poco trasparenti che li prendessero come clienti”, scriveva Caruana Galizia.
“Alla fine hanno risolto il problema creando una banca ‘losca’ a Malta, nascondendosi in piena vista”. Le dichiarazioni della giornalista coinvolgono quindi, oltre al capo dello staff del primo ministro maltese, anche l’attuale ministro del Turismo di Malta, Konrad Mizzi.
All’epoca dei fatti citati da Caruana Galizia, Mizzi era ministro dell’Energia. Quest’ultimo, rispondendo alle accuse mossegli, ha sostenuto che i conti offshore a lui intestati erano stati aperti per ricevere i proventi della vendita di una proprietà immobiliare a Londra.
Anche Schembri ha negato ogni accusa, dicendo che le aziende e i conti da lui istituiti erano legati all’attività imprenditoriale precedente al suo impegno politico. Nonostante le rivelazioni della giornalista quindi, i due politici hanno mantenuto i propri incarichi.
La connessione con l’Azerbaigian
La giornalista maltese però non ha smesso di seguire il caso e lo ha arricchito fornendo nuovi dettagli. Secondo i documenti da lei pubblicati in un post sul suo blog del 20 aprile 2017, lo scandalo coinvolge anche l’Azerbaigian, paese asiatico ricco esportatore di gas e petrolio e governato dalla famiglia del presidente Aliyev.
I documenti pubblicati da Caruana Galizia e ricevuti da una fonte interna a una banca con sede a Malta, rivelavano il legame tra la moglie del primo ministro Muscat, Michelle, e la Englar Inc, una società con sede a Panama, attraverso la quale sarebbero transitati finanziamenti illeciti da parte del governo azero.
Questa società infatti ha ricevuto almeno 1 milione di dollari dalla Al Sahra Fzco, un’azienda con sede negli Emirati Arabi Uniti, intestata alla figlia del presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev, di nome Leyla.
Nel marzo dello scorso anno, Al Sahra Fzco – una società con sede nella zona franca di Dubai (dove gli Emirati concedono privilegi fiscali e legali alle aziende straniere) – ha effettuato una singola transazione di pagamento di 1,017 milioni di dollari alla Egrant Inc, una società costituita a Panama nel 2013”, si può leggere nell’articolo pubblicato dalla giornalista maltese.
“L’operazione, che è stata descritta come un ‘prestito’, è stata fatta dal conto della Al Sahra presso la Pilatus Bank a Malta, verso un altro conto aperto dalla Egrant Inc in una banca di Dubai”, spiegava Caruana Galizia.
“Questo non è l’unico ‘prestito’ che la Egrant Inc ha ricevuto dalla Al Sahra Fzco, ma rappresenta la singola transazione più ricca. Altri ‘prestiti’ ammontavano a circa 100mila dollari ciascuno e arrivavano due volte la settimana, per diverse settimane, a gennaio, febbraio e marzo dello scorso anno”.
Le società e le banche coinvolte
A questo punto la giornalista Caruana Galizia comincia a indagare sulla misteriosa società Engrant Inc che ha sede a Panama e che, secondo lei, è riconducibile alla famiglia del primo ministo maltese Muscat.
Le informazioni rivelate dalla giornalista, secondo il quotidiano britannico The Guardian, provenivano da una donna, chiamata Maria Efimova e che lavorava per la maltese Pilatus bank.
La fonte di Caruana Galizia sosteneva che i documenti relativi all’azienda e in possesso della banca fossero tenuti in una cassaforte che era stata rimossa dall’ufficio di un dirigente e trasferita all’interno della cucina del personale, un’area dell’edificio priva di telecamere di sicurezza.
Secondo il Guardian, nel maggio 2016, alla fine di un’inchiesta che coinvolgeva Schembri, l’agenzia anti riciclaggio maltese, la Financial Investigation and Analysis Unit chiedeva alla polizia di investigare sul caso per “ragionevoli sospetti di attività di riciclaggio”.
Il caso è ancora al vaglio di un magistrato maltese e l’inchiesta non è conclusa. Secondo il rapporto della Financial Investigation and Analysis Unit, la banca Pilatus ha mostrato un “disinteresse, probabilmente deliberato” per i controlli anti-riciclaggio.
Mentre Schembri non ha contestato l’esistenza delle transazioni indicate nel rapporto, affermando che il denaro ricevuto fosse soltanto il rimborso di un prestito fatto a un amico, la Pilatus Bank ha invece negato ogni addebito e ha risposto all’agenzia anti-riciclaggio di essere pienamente impegnata rispettare tutte le norme e i regolamenti bancari.