Il presidente francese Emmanuel Macron è stato oggetto di un tentativo di spionaggio da parte dell’intelligence del Marocco attraverso il software Pegasus messo a punto dalla società israeliana NSO Group. La notizia, riportata da Le Monde, si basa sui dati di Forbidden Stories e Amnesty International. Il numero di cellulare di Macron e quello di alcuni suoi ministri, compreso l’ex primo ministro Edouard Phillipe risultano infatti in una lista di numeri di telefono di smartphone in mano ai servizi segreti marocchini.
Non si sa al momento se il tentativo di spionaggio sia riuscito o meno. Ieri l’Eliseo ha fatto sapere che, se l’ipotesi fosse confermata, “si tratterebbe di un fatto molto grave”. La presidenza della Repubblica francese ha aggiunto che “sarà fatta piena luce su queste rivelazioni”. Da parte del Marocco non ci sono stata reazioni ufficiali, ed è difficile capire le ragioni di questa intensa attività di spionaggio ai danni di un Paese amico. Una delle ipotesi è che, come scrive Stefano Montefiori, corrispondente da Parigi del Corriere della Sera, ci sia stata la volontà di carpire informazioni sull’Algeria, Paese che ha rapporti stretti con la Francia ed è lo storico rivale del Marocco nel Nordafrica.
Macron è il primo capo di Stato a comparire nella lista di oltre 50mila persone selezionate da una decina di Paesi (tra cui Messico e Marocco, ma anche l’Ungheria di Viktor Orban) che da anni usano il programma israeliano non solo per ascoltare conversazioni ma per impossessarsi di tutti i dati (contatti, email, messaggi Whatsapp e Telegram, foto, dati bancari) dei loro obiettivi. Il software, in teoria venduto a Paesi nell’ambito della lotta al terrorismo, viene in realtà utilizzato per scopi che vanno molto al di là di quelli dichiarati, per controllare anche giornalisti, attivisti o dissidenti politici.
Ieri il commissario europeo alla Giustizia, Didier Reynders, ha annunciato che la Commissione europea “ha lanciato un’indagine tramite i suoi servizi interni” sulle azioni di spionaggio messe in atto da vari Paesi, tra cui anche l’Ungheria. Nell’incontro coi giornalisti, sia il commissario che la vice presidente della Commissione, Vera Jourova, hanno ripetuto che “non si può accettare nell’Unione europea e ovunque nel mondo” che i giornalisti vengano spiati.
Da chiarire sulla questione è anche il ruolo dell’ex premier israeliano Benjamin Netanyahu, che secondo un’inchiesta del giornale israeliano Haaretz avrebbe fatto ottenere il software ai Paesi stranieri in cambio del loro sostegno diplomatico alle sue politiche.
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