Luca Ventre, l’italiano morto dopo essere entrato nell’ambasciata italiana in Uruguay, era convinto che qualcuno volesse rapirlo e per questo voleva rientrare in Italia. Nel suo telefono, inoltre, era stata inserita un’applicazione spia che da ottobre inviava ad alcuni numeri di cellulare i dati sulle chiamate e i messaggi dell’imprenditore.
A rivelare questi dettagli è un articolo pubblicato su Repubblica, che ricostruisce le ragioni che hanno spinto il 35enne lucano a saltare il muro di recinzione dell’ambasciata italiana a Montevideo, alle 7 dell’1 gennaio, dopo aver suonato al citofono senza ricevere risposta. Nell’ambasciata, i cui uffici erano vuoti a causa del giorno di festa, Luca Ventre è stato bloccato a terra per 22 minuti da un poliziotto uruguayano, che gli ha tenuto un braccio premuto contro il collo. Meno di un’ora dopo i medici hanno constatato il suo decesso in ospedale.
Cercava rifugio nell’ambasciata italiana di Montevideo in Uruguay, i video di sorveglianza riprendono gli ultimi istanti di vita di Luca Ventre, 35 anni. “Luca aveva paura, si sentiva braccato”, dice al #Tg3 il fratello. pic.twitter.com/ZhF37HfaFh
— Tg3 (@Tg3web) January 24, 2021
Ai familiari Ventre, che aveva trascorso otto anni in Uruguay e aveva avviato diverse attività imprenditoriali, tra il 29 e il 30 dicembre aveva detto che rientrare in Italia era diventato per lui una “necessità impellente” perché era minacciato. Secondo quanto emerso, aveva parlato di qualcuno che voleva sequestrarlo e, come gli avevano consigliato i familiari, aveva anche presentato una denuncia contro ignoti alla polizia.
“Abbiamo chiesto copia della denuncia presentata da Luca al commissariato in Uruguay e per quanto riguarda il telefono spiato attendiamo a breve tutto il materiale per poter far compiere una consulenza e scoprire così a chi arrivavano i dati di mio fratello”, assicura Fabrizio Ventre.
Anche il poliziotto che ha tenuto bloccato Ventre a terra ha confermato agli inquirenti uruguaiani che il 35enne “si è presentato chiedendo aiuto e aggiungendo che lo avrebbero ucciso”. Ora su quanto accaduto è stata aperta un’inchiesta dalla Procura della Repubblica di Roma, che ha delegato le indagini ai carabinieri del Ros.
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