Un milione di persone hanno invaso le strade di Londra per chiedere un secondo referendum sulla Brexit e scongiurare l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea.
Il 23 marzo inoltre sono state raccolte 4,3 milioni di firme tramite una petizione online in cui si chiede al Parlamento britannico la revoca dell’articolo 50, secondo quanto riportato dai media locali.
I promotori della piattaforma “People’s Vote” hanno reso noti i dati e hanno affermato che si tratta di una partecipazione “straordinaria”.
Lo stesso appello era stato lanciato anche nel 2016, ma non aveva ottenuto lo stesso sostegno da parte dei cittadini britannici.
Nonostante l’alto numero di firme e le proteste dei cittadini per le strade del paese, il Governo britannico non sembra intenzionato ad accontentare i manifestanti.
Più volte la premier May si è detta convinta di voler andare fino in fondo, affermando che revocare la Brexit sarebbe “un’irreparabile danno alla democrazia” e “un tradimento” della volontà popolare espressa nel 2016.
Dello stesso parere anche il viceministro per la Brexit Kvasi Kwarteng: “Non sta a una petizione cancellare l’esito di un referendum”.
“Il suo approccio è stato tremendo, ha perso la fiducia anche degli europei. Torniamo al voto”, è stato invece il commento del sindaco di Londra. “La Brexit ci rende più deboli, non più forti. In tanti pensano che la Brexit sia il caos più totale”.
Parole non lontane dalla realtà dei fatti. L’ultimo Consiglio europeo si è concluso con una proroga della Brexit, concessa dai paesi membri dopo una lunga trattativa.
La settimana prossima il parlamento britannico dovrà votare nuovamente l’accordo di Theresa May: se la premier riuscirà a convincere in extremis i deputati che il suo accordo è meglio del caos, allora l’Ue concederà una proroga “tecnica” fino al 22 maggio.
A questo link abbiamo spiegato tutti gli scenari possibili sulla Brexit dopo la bocciatura da parte della Camera dei comuni dell’uscita dall’Ue senza un accordo.
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