Per chi non ne conoscesse l’origine, la trama del film Lion – La strada verso casa, candidato a sei premi Oscar tra cui quello per il miglior film, potrebbe sembrare fin troppo inverosimile, come molte altre storie hollywoodiane.
Quello che potrebbe essere ignoto a chi ne leggesse la trama è che le vicissitudini raccontate sono completamente tratte da una storia vera, eccetto qualche licenza narrativa inevitabile nell’adattamento per il cinema.
Tutto cominciò nel 1986 con un bambino indiano di cinque anni appartenente a una famiglia poverissima, Saroo, che viveva nei quartieri più disagiati di Khandwa, una città dell’India centrale, insieme alla madre e a tre fratelli dopo che suo padre se n’era andato con un’altra donna.
Un giorno Saroo seguì suo fratello maggiore Guddu, di quattordici anni, che abitualmente saliva sui treni della zona in cerca di spiccioli caduti a terra. Insieme salirono su un treno per Burhanpur, città a circa due ore di distanza dalla loro abitazione, e una volta scesi, a tarda notte, Saroo si mise a riposare su una panchina della stazione.
Una volta sveglio, si guardò intorno e non vide suo fratello: convinto che fosse salito sul treno fermo sui binari di fronte alla panchina, salì sul vagone, e pochi secondi dopo il mezzo si mise in movimento.
L’arrivo a Calcutta
La terribile sorpresa era che suo fratello su quel treno non c’era, e che i binari portavano a Calcutta, a circa 1.600 di chilometri di distanza da casa sua.
Una volta arrivato alla stazione della terza più grande città dell’India, Saroo, a soli cinque anni e senza alcun’istruzione, non sapeva né il suo cognome né il nome della sua città di provenienza. Per circa tre settimane sopravvisse da solo per le vie della metropoli in cui si era ritrovato. Inoltre, il bambino parlava solo il suo dialetto hindi, mentre in città la lingua era il bengali.
Solo dopo aver vagato da solo elemosinando per le strade e mangiando rifiuti, Saroo fu finalmente portato a un commissariato di polizia, che lo affidò a un orfanotrofio locale.
L’istituzione era spesso visitata da un’associazione no profit di tutela dell’infanzia, che mise in contatto Saroo con Sue e John Brierley, una coppia australiana che si rese disponibile ad adottarlo dopo avergli inviato un album di fotografie.
Il bambino crebbe in Tasmania, sentendosi accolto e benvoluto, nonché in condizioni di vita decisamente migliori di quelle in cui aveva vissuto tutta la vita. Ma crescendo, il suo desiderio di ritrovare la sua vera famiglia diventava sempre più forte.
La vera svolta avvenne moltissimi anni dopo, quando Saroo aveva ormai quasi trent’anni. Arrivò sotto forma di una tecnologia solitamente usata per scopi molto più futili: Google Earth.
(Un fotoconfronto tra il vero Saroo e il suo interprete, Dev Patel, nel film Lion)
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Alla ricerca di casa
Il programma, creato da Google negli anni Duemila, permette di osservare l’intero pianeta via satellite, arrivando a offrire un ottimo grado di dettagli sulla geografia di un luogo.
Saroo usò tutti i metodi che l’ingegno gli mise a disposizione per sfruttare questa tecnologia. Calcolò che aveva passato sul treno circa 14 ore, e moltiplicando quel tempo per la velocità dei treni arrivò a una distanza indicativa, circa 1.600 chilometri.
Così, disegnò un cerchio con un raggio pari a quella distanza intorno a Calcutta, e incredibilmente, seguendo in modo ossessivo tutti le linee ferroviarie che si allontanavano dalla metropoli, passò sei anni impegnato nella ricerca finché non trovò un luogo che gli ricordava le immagini stampate nella sua memoria: Khandwa, la sua cittadina d’origine.
Il ritorno a Khandwa
Nel febbraio 2012, dopo 25 anni di separazione, Saroo si mise in viaggio verso l’India con la missione di ritrovare sua madre e la sua famiglia perduta. Arrivò al suo villaggio d’origine e ritrovò quella che era casa sua, ma la porta era chiusa con un lucchetto, come se nessuno abitasse lì da molto tempo.
A quel punto, camminò nei paraggi per pochi metri con una sua fotografia da bambino in mano, e alcune donne del posto gli diedero la notizia che aspettava da così tanti anni. Sua madre era viva e abitava a poca distanza. Quando le donne la andarono a chiamare, si avvicinò verso di lui e Saroo ebbe l’improvvisa rivelazione che si trattava proprio di sua madre. Come se fossero uniti da qualche misteriosa certezza, si avvicinarono e si abbracciarono a lungo, prima di avvisare tutti gli altri parenti.
L’ultima volta che l’aveva vista, lei aveva 34 anni, ora era molto diversa ma i tratti del viso erano gli stessi, e nonostante non riuscissero a comunicare, visto che Saroo aveva dimenticato la sua lingua, c’era tra i due un’intesa più profonda che andava oltre le parole.
Non tutte le notizie furono buone. Suo fratello Guddu, l’ultimo membro della famiglia che aveva visto prima di perdersi venticinque anni prima, era stato ritrovato morto solo un mese dopo la sua scomparsa, forse la stessa notte in cui Saroo non l’aveva ritrovato in quella stazione.
Da allora, Saroo ha continuato a rimanere in contatto con la sua famiglia indiana, cercando di ricostruire il più possibile un rapporto spezzato quando era ancora bambino, e ha fatto incontrare i suoi genitori adottivi con sua madre.
Dalla sua incredibile storia, Saroo ha tratto un libro da cui è stato poi tratto Lion, film che vede Dev Patel, già protagonista di The Millionaire, nel suo ruolo, e Nicole Kidman nei panni della sua madre adottiva. Per chi vuole scoprire i veri volti dei protagonisti della storia, questo è un breve video realizzato da Google per celebrare la storia di Saroo, in cui questi racconta la sua incredibile avventura:
Questo invece il trailer del film:
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