Nella notte tra venerdì 25 e sabato 26 maggio alcune milizie ribelli hanno annunciato di essere entrate a Tripoli e di aver circondato le sedi del Governo di accordo nazionale, controllate dalla guardia presidenziale.
Secondo quanto riportato da Sky News Arabic e da Al Arabya, si tratterebbe di milizie di Misurata, e in particolare la “Brigata 301”, a cui si sono unite altre brigate di combattenti.
Il ministero dell’Interno di Tripoli ha comunque rilasciato un comunicato ufficiale in cui assicura che le proprie guardie sono attive e si stanno occupando di difendere le sedi istituzionali.
“La situazione è sotto controllo – ha scritto su Facebook il ministero dell’Interno del premier Fayez Al Sarraj – Quanto riportato dalle milizie ribelli è privo di fondamento e ha l’unico scopo di destabilizzare le istituzioni”.
Il sospetto è che queste milizie ribelli, alcune delle quali fanno riferimento all’area di Tarhouna, roccaforte di fedelissimi dell’ex dittatore Muammar Gheddafi, possano essersi alleati con il generale Khalifa Haftar per tentare un colpo di stato contro l’esecutivo di Al Serraj, l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale e dalle Nazioni Unite.
In mattinata, si è diffusa tramite i media locali la voce secondo cui i ribelli avrebbero preso possesso della sede della tv di stato libica. Non ci sono però su questo, al momento, conferme ufficiali.
Sempre in Libia, venerdì 25 maggio un’autobomba è esplosa nel centro di Bengasi, nei pressi di un albergo.
Secondo quanto riportato dalle forze dell’ordine, ci sono almeno sette morti e 22 feriti, tutti civili. L’attacco, secondo quanto riferito dalle autorità, potrebbe essere opera di gruppi terroristici che vogliono far vedere che Bengasi, controllata dall’Esercito nazionale libico del generale Khalifa Hafthar, non è sicura.
Bengasi nel luglio del 2017 fu liberata dagli jihadist proprio dal generale Haftar, ma questo non ha fermato gli scontri e gli attentati in città. A gennaio 2018 morirono 40 persone per un attacco terroristico davanti a una moschea.
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