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    Libia: accordo tra le fazioni, si vota il 10 dicembre

    Fayez al-Serraj, Emmanuel Macron e Khalifa Haftar. Credit: Afp

    L'intesa è stata trovata in occasione della conferenza internazionale di Parigi, organizzata dal presidente francese Emmanuel Macron

    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 29 Mag. 2018 alle 17:20 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 09:17

    Le elezioni parlamentari in Libia si terranno il 10 dicembre 2018.

    La data è stata concordata oggi, martedì 29 maggio, dalle fazioni in conflitto nel paese in occasione della conferenza organizzata a Parigi dalla presidenza francese.

    Taher al-Sonni, consigliere del primo ministro di Tripoli Fayez al-Serraj, ha dichiarato in un tweet che le parti hanno anche programmato di “finalizzare una base costituzionale per le elezioni” entro il 16 settembre.

    Al tavolo, diretto dal presidente francese Emmanuel Macron, hanno partecipato lo stesso al-Serraj, che guida il governo di Accordo Nazionale libico, l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale, il maresciallo Khalifa Haftar, comandante dell’Esercito Nazionale libico, il presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk, Aguila Saleh, e il presidente del Consiglio di Stato di Tripoli, Khaled al-Mechri.

    Lunedì 28 maggio, almeno 13 tra gruppi armati e consigli locali della Libia occidentale, tra cui alcuni fedeli al governo di accordo nazionale di Tripoli, hanno espresso il loro rifiuto a partecipare all’iniziativa francese.

    Macron ha dichiarato che la situazione in Libia richiede di prendere “decisioni” per “riconciliare” i protagonisti della crisi nel paese.

    Parigi ha invitato al vertice 19 paesi, tra cui i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, oltre a Italia, Turchia, Algeria, Marocco, Egitto, Tunisia, Ciad, Emirati Arabi Uniti, Qatar e Kuwait.

    Tuttavia, l’impegno dei leader libici per il futuro del paese è stato solo informale, dato che la dichiarazione d’intenti non è stata firmata. Lo ha confermato il presidente francese Emmanuel Macron.

    “Ci baseremo su questo quadro”, ha però assicurato Macron.

    La Conferenza di Parigi è stata “un’occasione altamente mediatica per ricordare ai libici la necessità di attuare gli impegni richiesti dal piano d’azione delle Nazioni Unite per superare la crisi libica”, ha detto l’ambasciatore italiano a Tripoli, Giuseppe Perrone.

    “I passi che bisogna fare sono sempre stati molto chiari”, continua Perrone.

    La conferenza di Parigi

    Martedì 29 maggio a Parigi si è tenuto un vertice per fissare la data delle elezioni libiche, voluto dal presidente francese Emmanuel Macron.

    L’obiettivo è far uscire il paese dall’impasse politico in cui versa dalla caduta del regime di Gheddafi nel 2011.

    Sono attesi in Francia il premier del governo di Tripoli Fayez al Serraj e il generale Khalifa Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, Aqila Saleh, presidente del Parlamento di Tobruk, e Khalid al Meshri, presidente dell’Alto Consiglio di Stato, un organo consultivo previsto dagli accordi Onu sulla riconciliazione nazionale.

    I tre maggiori esponenti del panorama politico libico sono stati inviatati a firmare un primo memorandum di intesa dal ministro degli Esteri francese, ma la data non è ancora stata stabilita.

    L’Italia sarà rappresentata dall’ambasciatore italiano a Parigi, Teresa Castaldo. Non è invece prevista la partecipazione del Segretario generale della Farnesina, Elisabetta Belloni.

    Al vertice saranno presenti anche i rappresentati di 19 paesi, inclusi i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, Egitto, Tunisia, Ciad, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Kwait, Turchia, Algeria e Marocco.

    La situazione in Libia

    Attualmente la Libia è uno stato frammentato, con il potere nelle mani delle milizie armate. Il problema dei trafficanti di uomini e della totale assenza di tutela dei diritti umani caratterizzano l’attuale contesto politico.

    Lo stallo politico va avanti dal 2011, anno della caduta del regime di Gheddafi e che ha raggiunto il suo apice nel 2014 con lo scoppio della seconda guerra civile nel paese.

    Il potere al momento è conteso principalmente tra al-Serraj, che presiede il governo centrale e che deve affrontare anche le numerose divisioni al suo interno del suo esecutivo, e dal generale Haftar, governatore della Cirenaica.

    Al-Serraj è in realtà l’unico a godere dell’appoggio delle Nazioni Unite ed è a capo del Governo di accordo nazionale, nato il 17 dicembre 2015. Il suo esecutivo, tuttavia, non è mai riuscito ad ottenere la fiducia della Camera dei Rappresentanti di Tobruk.

    Accanto a questi “centri del potere” più grandi, ce ne sono altri: l’Isis e i suoi miliziani, le milizie islamiche, il Consiglio rivoluzionario, i fratelli musulmani e centinaia di tribù.

    Sullo scacchiere libico, oltre agli innumerevoli attori interni, ve ne sono molti esterni, con i più disparati interessi: Russia, Turchia, Egitto, Francia e Italia.

    L’obiettivo del summit

    Lo spostamento della Camera dei Rappresentanti da Tobruk a Bengasi , come sancito dall’articolo 16 della Costituzione, nuove elezioni entro la fine dell’anno e un referendum sulla Costituzione sono i punti principali dell’iniziativa proposta dalla Francia.

    Macron ha chiesto anche l’unificazione della Banca della Libia (divisa tra Tobruk e Tripoli), lo scioglimento del governo ad interim formatosi nell’est del paese e la creazione di un esercito unico.

    La sicurezza delle consultazioni devono essere garantite dalle forze di sicurezza libiche, in coordinamento con Onu, Unione europea, Lega araba e sotto la supervisione internazionale.

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