La miccia è stata accesa. Era solo questione di tempo. Come avvenuto venerdì 29 aprile 2016, anche venerdì 6 maggio la popolazione della Cirenaica è scesa in piazza per (cercare di) far sentire la propria voce contro il terrorismo e il governo al-Sarraj.
Ormai il binomio viaggia da solo. Il parziale credito ottenuto a Tripoli dall'”uomo dell’Occidente” nella parte orientale della Libia è visto come un tradimento e un accostamento alla fazione islamista, inaccettabile per i fedelissimi di Haftar. Quello che doveva essere il governo di unità nazionale e l’inizio di una nuova era per la Libia, si sta rivelando come altra benzina sul fuoco.
Questa volta non è stata la rituale censura delle informazioni a caratterizzare l’evento. Colpi di mortaio sono giunti in risposta alle invettive della folla. La confusione è totale. Mentre si cerca di capire di chi siano le responsabilità, si intuiscono i lembi di un paese ormai più parcellizzato che polarizzato.
Al momento, ma è un bilancio assolutamente provvisorio, si contano quattro morti (tra cui due bambini e una donna) e 34 feriti, di cui dieci gravissimi. Tra questi quattro bambini.
Dall’evento, meno sanguinoso di altri in un paese dilaniato dalla guerra civile ma più significativo sotto il profilo politico, ci aspettiamo conseguenze gravi.
— L’articolo di Andrea Cucco e Giampiero Venturi è stato pubblicato da Difesa Online con il titolo “Libia: strage a Bengasi, colpi di mortaio su gente in piazza contro terrorismo e governo di al-Serraj” e ripubblicata in accordo su TPI con il consenso degli autori
*Andrea Cucco è giornalista pubblicista – Giampiero Venturi è analista di geopolitica e politica internazionale