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    Cosa sappiamo finora del raid di Israele contro la roccaforte di Hezbollah a Beirut che ha ucciso il comandante militare Ibrahim Aqil

    Di Andrea Lanzetta
    Pubblicato il 20 Set. 2024 alle 17:41 Aggiornato il 20 Set. 2024 alle 17:54

    Il raid aereo condotto nel pomeriggio di oggi, venerdì 20 settembre, nel quartiere di Dahieh a Beirut, roccaforte di Hezbollah, ha provocato almeno 9 morti e 59 feriti, di cui 8 in gravi condizioni, uccidendo un numero imprecisato di miliziani del gruppo armato sciita, compreso il comandante militare Ibrahim Aqil. Ecco cosa sappiamo finora.

    Cosa è successo
    Intorno alle 16:00 ora locale (le 15:00 in Italia), almeno un caccia F-35 dell’Aviazione israeliana ha sparato due missili contro un edificio nella zona residenziale di Jamous Street, nel sobborgo di Dahieh, non lontano dalla moschea al-Qaem, provocando il crollo della facciata di due palazzine. Poco dopo le forze armate israeliane (Idf) hanno confermato il raid, parlando di un “attacco mirato” contro Hezbollah ma senza specificare chi fosse l’obiettivo del bombardamento.

    Si tratta del terzo attacco di questo genere condotto nel 2024 alla periferia sud di Beirut da Israele. Il primo, compiuto il 2 gennaio scorso, ha ucciso il numero due dell’ufficio politico di Hamas, Saleh al-Arouri, deceduto insieme ad altre sei persone. Il secondo, condotto il 30 luglio, è costato la vita al comandante militare di Hezbollah Fuad Shukr, nonché a due minori e a tre donne.

    Le voci circa il coinvolgimento di un esponente di alto rango del gruppo armato sciita libanese nel raid odierno hanno subito cominciato a ricorrersi, finché non è emerso il nome di Ibrahim Aqil, comandante dell’unità d’élite Radwan e membro del Consiglio della Jihad, il massimo organismo dell’ala militare di Hezbollah.

    L’obiettivo del raid
    Due militari hanno rivelato in via anonima alla radio dell’esercito israeliano Galatz che l’obiettivo era proprio Aqil, nome di battaglia Tahsin, ricercato anche dagli Stati Uniti per il ruolo svolto nell’attentato del 1983 contro una caserma dei Marines a Beirut, costato la vita a 63 americani, e per aver diretto la presa di alcuni ostaggi statunitensi e tedeschi in Libano negli anni Ottanta, un uomo su cui pende una taglia da 7 milioni di dollari.

    Quindi una fonte vicina a Hezbollah ha confermato all’agenzia di stampa Afp che Ibrahim Aqil era rimasto ucciso nell’attacco aereo. Altre due fonti delle forze di sicurezza libanesi citate da Reuters affermano invece che insieme a lui sarebbero rimasti uccisi diversi altri miliziani del gruppo armato sciita, il cui numero però non è stato rivelato. La loro morte rappresenta comunque un duro colpo per Hezbollah.

    Secondo la ricercatrice Randa Slim del think tank Middle East Institute di Washington D.C. infatti Aqil aveva preso il posto del principale consigliere militare del gruppo armato, Fuad Shukr, ucciso il 30 luglio in un altro raid israeliano a Beirut. “È un fatto enorme!”, ha scritto sulla piattaforma X il ricercatore del Washington Institute for Near East Policy, Hanin Ghaddar. “L’assassinio di Ibrahim Aqil è importante quanto quello di Fuad Shukr. Ora Hezbollah ha perso il vertice militare. Senza il suo sistema di comunicazione e senza comando militare, non può effettuare operazioni efficaci”.

    Il Partito di Dio non ha ancora ammesso ufficialmente la morte né il ferimento di Aqil, ma le forze armate dello Stato ebraico (Idf) hanno confermato di aver ucciso l’esponente del gruppo armato sciita. Secondo il quotidiano israeliano Haaretz e la testata tedesca Tagesspiegel, il comandante militare di Hezbollah “era appena uscito dall’ospedale, dopo essere rimasto ferito negli scorsi giorni dall’esplosione di un dispositivo di comunicazione”.

    Migliaia di cercapersone, walkie-talkie, telefoni cellulari e computer portatili in uso al gruppo armato sciita sono esplosi in tutto il Libano il 17 e il 18 settembre scorsi in due ondate di attacchi senza precedenti che hanno causato in tutto almeno 37 morti, compresi due bambini di otto e undici anni, e 2.931 feriti, tra cui l’ambasciatore iraniano a Beirut, Mojtaba Amani, che ha perso un occhio. Ieri il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, e il comandante delle Guardie rivoluzionarie iraniane, il generale Hossein Salami, avevano promesso di “punire” Israele.

    In giornata, dopo gli attacchi aerei condotti nella notte dalle forze armate israeliane (Idf) nel sud del Libano che hanno distrutto almeno 100 lanciarazzi e 1.000 missili del gruppo armato, sono continuati gli scontri tra Tel Aviv e Hezbollah, che ha lanciato almeno 170 razzi contro il nord dello Stato ebraico. Ma per la Casa bianca non bisogna disperare.

    “Continuiamo a credere che una soluzione diplomatica sia la soluzione migliore in Medio Oriente”, ha dichiarato oggi in conferenza stampa il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby. “Nessuno ha perso la speranza” nella possibilità di un accordo per una tregua nella Striscia di Gaza e Washington, ha aggiunto, partecipa agli sforzi diplomatici per “prevenire un’escalation del conflitto lungo il confine israelo-libanese”.

    Gli Usa, ha proseguito Kirby, credono che “ci sia ancora tempo e spazio per una soluzione diplomatica” alle crescenti tensioni tra Israele e Hezbollah. “Pensiamo che questa sia la strada migliore da seguire”, ha ribadito il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca. “La guerra non è inevitabile lungo la Blue Line e continueremo a fare tutto il possibile per cercare di impedirla”.

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