Una nuova guerra sembra essere iniziata in questi giorni, al confine tra Israele e il sud del Libano, ma in realtà è iniziata già nei giorni immediatamente dopo il 7 ottobre 2023, l’8 precisamente, quando Hezbollah ha deciso di iniziare un lancio di razzi contro il nord di Israele come forma di sostegno all’attacco compiuto il giorno precedente da Hamas nel sud dello Stato ebraico.
Lo scontro, mese dopo mese, si è fatto più intenso fino a questi giorni, ma non rappresenta più di tanto un fulmine a ciel sereno: tra Israele ed Hezbollah la situazione è sempre stata estremamente tesa, soprattutto dopo la guerra civile libanese degli anni ’80 in cui lo scontro tra lo Stato ebraico e il gruppo di miliziani sciiti, insieme al sempre maggior coinvolgimento iraniano negli affari libanesi, hanno aumentato la rivalità e la tensione.
Una tensione che, nel 2006, si sperava potesse finire dopo la guerra dei 34 giorni, l’ultimo scontro su larga scala avvenuto tra Israele ed Hezbollah prima della recente escalation, al termine del quale si sperò di trovare una cessazione duratura delle ostilità nell’area, in grado di stabilizzarsi nel lungo termine. Ma in una regione fragile ed esplosiva come il Medio Oriente, in cui troppo spesso non c’è spazio per l’applicazione del diritto internazionale, nemmeno una risoluzione ONU come quella approvata dopo il conflitto del 2006 ha trovato attuazione.
La risoluzione 1701/2006, infatti, chiedeva la cessazione totale delle ostilità, il totale ritiro delle truppe israeliane dal Libano meridionale (dove ancora controllavano un’ampia fascia di terra), ma anche quello di gruppi armati che non fossero l’esercito di Beirut o il contingente ONU dell’UNIFIL dall’area compresa tra il fiume Litani e il confine con Israele, così come lo stop all’invio di armi da Paesi stranieri agli stessi gruppi armati. Per quanto il concetto di “gruppi armati” possa far riferimento a molte realtà libanesi, l’obiettivo principale della risoluzione è chiaramente Hezbollah. Il gruppo, tuttavia, continua a essere presente nell’area, da cui ha bersagliato il nord di Israele, e a ricevere armi dall’estero.
A fare le spese di questa situazione sono prima di tutto i libanesi, che non riescono a uscire dalla difficilissima situazione del loro Paese, altamente frammentario e con all’interno dei suoi confini una realtà come Hezbollah che rappresenta una sorta di stato nello stato che controlla il sud del Libano, la valle di Bekaa e il quartiere di Dayieh, nella periferia sud di Beirut. Uno stato nello stato altamente militarizzato e in continuo contrasto con il vicino israeliano, ancora di più dai giorni successivi al 7 ottobre 2023, quanto ha lanciato l’azione in supporto di Hamas e portato lo Stato ebraico a evacuare gli abitanti dalla fascia a ridosso del confine, compresa la popolosa città di Kiryat Shmona. Ne è nato uno scontro che si è fatto sempre più intenso, soprattutto mentre si abbassava l’intensità della guerra a Gaza. Oggi, a pochi giorni dall’attacco con i cercapersone e con Israele che ha colpito con attacchi mirati gran parte della leadership di Hezbollah, lo scontro sembra sempre più esteso, con Israele determinato a mettere in sicurezza il confine nord e far tornare i cittadini della fascia a ridosso del Libano nelle proprie case.