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    Esiste un legame tra autismo e terrorismo?

    Secondo studi recenti, alcuni fattori di rischio aumentano il pericolo di suggestione da parte di gruppi terroristici verso persone che soffrono del disturbo dello spettro autistico

    Di TPI
    Pubblicato il 27 Giu. 2017 alle 10:34 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 00:49

    Chi soffre di disturbo dello spettro autistico (Asd) è più a rischio radicalizzazione. Questo è il risultato di un nuovo studio pubblicato sul Journal of Intellectual Disabilities and Offending Behaviour.

    Le attività terroristiche sono state storicamente appannaggio di gruppi di persone legate da una forte ideologia. Negli ultimi anni è emerso un nuovo tipo di minaccia, quella del lupo solitario.

    L’aumento degli attentati compiuti da singoli individui ha richiesto studi approfonditi sul percorso intrapreso da questi terroristi. Cosa li ha portati dal vivere una vita ordinaria, allo sposare un’ideologia radicale, fino all’esercizio della violenza?

    Una risposta a questa domanda rappresenta un indubbio vantaggio in termini di identificazione e prevenzione della minaccia terroristica.

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    Arie Kruglanski, psicologo sociale che insegna all’Università del Maryland, insieme ai suoi colleghi, ha creato uno schema di radicalizzazione in cui sono stati individuati diversi gradi di coinvolgimento in attività legate al terrorismo.

    Il gruppo più ampio di individui sono i sostenitori passivi, semplici simpatizzanti della causa. A seguire, ci sono gli individui più attivi all’interno dell’organizzazione: gli appartenenti a questo livello possono avere compiti organizzativi e di reclutamento.

    Un’ulteriore categoria comprende i soggetti che partecipano attivamente alle azioni violente. L’ultimo e più pericoloso livello di coinvolgimento riguarda gli attentatori suicidi, gli unici che pur di uccidere sono disposti anche a morire per la causa per cui combattono.

    I lupi solitari, secondo Kruglanski, rientrano in quest’ultima categoria.

    È importante evidenziare che questi studi non rilevano un nesso causale tra il disturbo dello spettro autistico e il terrorismo. Mostrano solo che chi ne soffre è esposto a fattori di rischio specifici che aumentano il pericolo di suggestione e fascinazione da parte di gruppi terroristici.

    Connotazioni particolari di questo disturbo – quali il minore contatto con la realtà, il vivere in un mondo di fantasia, l’ossessività, la compulsività estrema, la necessità di una routine, la prevedibilità e le difficoltà di comunicazione nelle normali interazioni sociali – possono aumentare la vulnerabilità di queste persone, che risultano maggiormente esposte al rischio di manipolazione.

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    Un esempio è la storia di Nicky Reilly, un ragazzo di 18 anni cresciuto in un quartiere povero di Plymouth, nel Regno Unito, a cui era stata diagnosticata la sindrome di Asperger. Reilly aveva difficoltà a relazionarsi con le altre persone e aveva sviluppato una vera e propria fissazione con il terrorismo e il martirio di matrice islamica.

    Il ragazzo, dopo essersi aggregato ad un gruppo di fedeli musulmani, ha cambiato il suo nome in Mohammed Rasheed e ha cominciato a rivolgersi ai membri della sua famiglia chiamandoli infedeli.

    Il giovane ha poi ideato un piano per costruire tre bombe artigianali e farsi esplodere in un ristorante affollato. Il 15 ottobre del 2008 il ragazzo tentò così di uccidersi.

    Entrò nel bagno di un ristorante della città di Exeter, nel Regno Unito, con alcune bottiglie contenenti idrossido di sodio, paraffina e dei chiodi, ma quando cercò di attivare la bomba, non riuscì ad aprire la porta del bagno e rimase gravemente ferito nell’esplosione.

    Otto anni dopo, nel 2016, Nick Reilly, morì in prigione all’età di 30 anni.

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