Dopo 4 anni dall’esecuzione di Ledell Lee nuovi test scientifici del Dna eseguiti sull’arma del delitto rivelano materiale genetico di un maschio diverso dal detenuto giustiziato. Si era sempre proclamato innocente ma per la legge degli Stati Uniti era colpevole, così l’uomo era stato condannato a morte per l’omicidio e lo stupro di una giovane donna e ucciso con iniezione letale in Arkansas nel 2017. Oggi i nuovi risultati potrebbero rivelare che si è trattato di un enorme errore giudiziario.
Gli avvocati della ong American Civil Liberties Union e l’Innocence Project hanno consegnato i nuovi risultati dei test sulle prove dell’omicidio di Debra Reese, avvenuto nel 1993. La città di Jacksonville, citata in giudizio, l’anno scorso ha accettato di consentire nuovi test sulle impronte digitali e sulle prove del Dna dopo che le due associazioni hanno fatto causa, anche se l’esecuzione di Lee era già avvenuta.
Secondo quanto dichiarato dagli avvocati, i test hanno rivelato materiale del Dna appartenente a un maschio non identificato, diverso da Lee, sulla mazza da baseball usata per uccidere la donna e sulla maglietta insanguinata che era avvolta attorno ad essa. Lo riporta il Washington Post.
“Nessuno dovrebbe essere giustiziato quando esiste la possibilità che quella persona sia innocente”, ha detto l’avvocato Nina Morrison nell’aprile 2017, subito dopo l’esecuzione dell’uomo. Quello di Lee è stato un caso che si basava in gran parte su testimonianze oculari, riporta ancora il Post.
Il governatore dell’Arkansas, Asa Hutchinson, ha difeso l’esecuzione di Lee in una conferenza stampa dicendo che le nuove prove sono “inconcludenti” e ha aggiunto “la giuria lo ha ritenuto colpevole sulla base delle informazioni che aveva”.
“Mentre i risultati ottenuti ventinove anni fa dopo la raccolta delle prove si sono rivelati incompleti e parziali, è da notare che ora ci sono nuovi profili DNA che non erano disponibili durante il processo o il procedimento post-condanna nel caso del signor Lee”, spiegano invece da Innocence Project.
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