Sono nuovamente naufragate le trattative tra il Ciad e Glencore, la prima azienda al mondo nel commercio di materie prime. Il braccio di ferro tra la multinazionale svizzera e il Ciad continua da due anni ma si è intensificato a giugno, dopo che il Fondo monetario internazionale ha chiesto a N’Djamena di ristrutturare il proprio debito estero.
Glencore è il principale creditore del Ciad dopo che nel 2014 ha versato al paese centroafricano un anticipo pari a 1,4 miliardi di dollari sulle vendite del petrolio estratto nel paese, per finanziare l’acquisizione del principale consorzio petrolifero nel paese. Nonostante l’accordo sia stato già rivisto nel 2015, dopo il crollo internazionale dei prezzi del petrolio, l’ammontare prestato corrisponde adesso a un ragguardevole 15% del Pil del Ciad, uno dei paesi più poveri al mondo.
Quest’anno il Fondo monetario internazionale ha approvato un prestito di 300 milioni di dollari, versandone 48,4 milioni e sottoponendo il rilascio dei restanti a diverse condizioni, tra cui la ristrutturazione dell’eccessivo debito estero.
Il Ciad ha avviato un braccio di ferro con Glencore per ottenere condizioni migliori, arrivando a dichiarare che avrebbe trasferito i diritti per la vendita di petrolio alla statunitense Exxon Mobil, precedentemente riservati a Glencore.
Secondo l’agenzia Reuters, il Ciad chiede una scadenza di 12 per ripagare il debito contratto e un tasso del 5%, spinto anche dal Fondo monetario internazionale che insiste per raggiungere un accordo. La multinazionale svizzera avrebbe acconsentito all’estensione ma intende mantenere il tasso d’interesse al 6,75%. In una lettera indirizzata al ministro delle Finanze e per conoscenza al Fondo monetario internazionale ha offerto di sospendere il pagamento della quota capitale fino all’ultimo trimestre del 2019, con un abbassamento del tasso di interesse dal 6,75% al 4%, estendendo la scadenza del debito di tre anni fino al 2025.