In Messico le sparizioni non fanno quasi più notizia.
I volti degli oltre 5 mila desaparecidos che ogni anno svaniscono senza lasciare traccia (26 mila solo durante il governo Calderón) fanno la loro comparsa alle fermate della metro, nelle stazioni dell’autobus e agli angoli della strade nell’indifferenza generale.
¿Lo has visto? è la scritta che campeggia sopra la foto, solitamente sgranata ed in bianco e nero, di persone, spesso ragazzini, che scompaiono senza apparente motivo. Difficilmente la polizia indaga su di loro e, quando questo avviene, quasi mai riesce a concludere qualcosa.
La sparizione collettiva di 12 ragazzi, avvenuta in pieno giorno in una delle zone più ricche e sviluppate della capitale, rappresenta però un caso senza precedenti nella recente storia messicana e getta pesanti ombre su quella che nel 2012 l’ex sindaco Ebrard definì essere vicina a diventare “la capitale più sicura del mondo”.
I sette ragazzi e le cinque ragazze, tutti tra i 16 ed i 30 anni, sono scomparsi la mattina di domenica 26 maggio mente si trovavano in un popolare locale della Zona Rosa.
Un quartiere ricco e cosmopolita, rinomato per le vie dello shopping, gli affitti alti e la vita notturna che si affaccia sul Paseo de la Reforma, una delle più antiche e importanti strade del Distrito Federal (com’è anche conosciuta la capitale messicana).
A distanza di quasi due settimane dall’accaduto le autorità brancolano ancora nel buio e rilasciano poche, confuse dichiarazioni. Fino a poco fa veniva perfino negata l’evidenza finché, questo martedì, il procuratore generale della capitale Rodolfo Ríos ha conferito ufficialità a un fatto che alle famiglie era chiaro fin da subito: 12 persone sono effettivamente scomparse, in pieno giorno e in una zona considerata sicura ma nessuno sa come né perché.
Per ricostruire la dinamica degli eventi bisogna affidarsi alle versioni dei famigliari e ad alcune testimonianze non ufficiali. Secondo quanto trapelato, verso le 11.30 della domenica i ragazzi furono fatti uscire in tutta fretta dal padrone del locale che avrebbe temuto una retata della polizia (la discoteca è anche conosciuta come luogo di spaccio e consumo di droga). Fuori ad attenderli ci sarebbe stato un commando di uomini armati ed incappucciati che li avrebbero portati via dentro tre (o forse cinque) furgoni. C’è chi dice che il commando fosse composto da agenti in uniforme.
Apparentemente l’unico filo conduttore a collegare i 12 giovani sarebbe la loro provenienza. Tutti infatti vivevano a Tepito, il cosiddetto “barrio bravo” (quartiere selvaggio) della capitale, conosciuto per i suoi mercati di merce contraffatta, il culto alla Santa Muerte e per aver dato i natali ad alcuni dei migliori pugili e ballerini messicani. Due di loro sono inoltre figli di due noti criminali (Jorge “El Tanque” Ortíz e Alejandro “El Papis” Sánchez, entrambi in carcere dal 2003), cosa che ha spinto alcuni giornali locali ad ipotizzare una vendetta tra gruppi di narcotrafficanti. Lo scorso 24 maggio venne infatti ucciso a colpi di pistola uno spacciatore, Horacio Vitel Angel, mentre si trovava all’entrata di un locale di Condesa (un altro dei quartieri ricchi e “sicuri” della capitale).
Questo fatto ha luogo proprio a poche settimane di distanza dall’annuncio, avvenuto in seguito ad un lungo sciopero della fame di un gruppo di madri, della creazione di un’agenzia speciale di ricerca di persone scomparse, che sarà composta da 12 investigatori. In un recente rapporto, Amnesty International ha giudicato tale misura del tutto insufficiente a risolvere un problema, quello delle sparizioni in Messico, di dimensioni enormi e considerato fuori dal controllo delle autorità. Nel suo rapporto l’ONG con sede a Londra denuncia anche la complicità responsabile dei funzionari pubblici e la mancanza di adeguati organismi di controllo e di persecuzione. Dei 152 casi presi in considerazione, il 40% non ha condotto nemmeno all’apertura di un’indagine.
La sparizione dei 12 ragazzi unita ad altri fatti di cronaca che sempre più spesso tingono di rosso le strade del Distretto Federale (l’assassinio di un fotografo e una sparatoria fra tre gruppi di persone in auto solo nell’ultima settimana) fanno temere che Città del Messico non sarà la “capitale più sicura del mondo” per molto tempo ancora.
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