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    Le donne soldato in Ucraina

    Un reportage del Guardian racconta le storie di donne ucraine che sono migrate al fronte per combattere i separatisti filorussi

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 5 Mar. 2015 alle 12:41 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 20:39

    Accanto all’esercito ucraino, sul fronte orientale del Paese, la lotta ai separatisti filorussi è portata avanti da battaglioni di volontari. Uno di questi è l’unità di assalto Aidar, con sede nella città di Shchastya, che conta circa 400 membri.

    In genere, questi gruppi di volontari sono conosciuti per il nazionalismo e le vedute di estrema destra dei suoi membri. Inoltre, di recente il battaglione Aidar è stato accusato di aver commesso violazioni dei diritti umani da parte di Amnesty International.

    Un reportage di Elena Savchuk pubblicato sul sito del Guardian, tuttavia, ha messo in luce un aspetto finora poco conosciuto dei gruppi di volontari: le storie delle donne che combattono in prima fila contro i separatisti filorussi.

    Ecco tre delle loro storie:

    Mama Tanya è stata ferita sul campo di battaglia, fatta prigioniera e picchiata dai soldati ceceni che combattono con i separatisti. Eppure è determinata a rimanere in prima linea.

    Per lei non è la prima esperienza su un campo di battaglia. Negli anni Novanta viveva con il marito in Azerbaigian e lavorava come medico durante la guerra del Nagorno-Karabakh.

    Ora combatte per la libertà e l’integrità territoriale del suo Paese. “Questa è la nostra terra”, dice, “Noi non siamo aggressori come la Russia. Noi proteggiamo il nostro territorio”.

    Come molti volontari del battaglione Aidar, mama Tanya non crede nel recente cessate il fuoco con i separatisti filo-russi.

    Anche se lei sogna la pace, sarà difficile lasciare la vita sul fronte. “Siamo come una grande famiglia”, dice. “La guerra finirà prima o poi. Quando pensiamo a cosa faremo dopo la fine, io scherzosamente suggerisco di andare a combattere in Iraq o a liberare la Georgia”.

    Vitaminka ha 24 anni e non ha mandato giù il fatto che il suo fidanzato sia partito per andare al fronte senza dirglielo.

    “Quel bastardo è andato al fronte senza di me”, dice, “È andato a lavoro e mi ha detto di aspettarlo a Kiev. Ed è quello che ho fatto per un po’. Poi è sparito per 2 mesi e ho scoperto che si era offerto volontario per andare al fronte”.

    Così Vitaminka è partita per raggiungerlo e poi si è unita al battaglione Aidar come combattente.

    “La cosa più difficile è che mentre i miei cari fratelli muoiono qui, al resto della gente non frega nulla in proposito”, dice, ricordando la vita nella sua città natale di Zaporozhe.

    “Guidano auto fantastiche, acquistano abiti costosi, o scarpe da ginnastica per 200 o 300 dollari al paio. È per questo che ben pochi combattenti tornano da una vacanza senza aver litigato con qualcuno”.

    Anaconda ha solo 19 anni e nonostante il soprannome ha ancora il viso di una bambina. Sua madre è molto preoccupata per lei e la chiama diverse volte al giorno, anche durante i combattimenti. Anaconda dice che è meglio rispondere subito alle chiamate della madre, altrimenti lei non la smette di telefonare.

    “All’inizio mia madre continuava a dire che la guerra non è roba da ragazze”, dice Anaconda, “Ma ora deve rassegnarsi alla mia scelta. Mio padre sarebbe venuto al fronte, ma la sua salute non gli permette di muoversi. È fiero di me adesso”.

    Prima Anaconda lavorava nell’ospedale militare di Kiev come infermiera, ma poi ha capito che non poteva continuare a guardare i suoi concittadini morire. “Questo è il mio Paese e la mia gente. Fa male vedere come i combattenti e i civili muoiano su entrambi i lati del conflitto. Voglio che questa guerra finisca prima possibile”, dice.

    Non ci sono molte donne nel corpo di volontari, ma gli uomini la trattano bene. “Le persone sono buone,” ha detto. “L’unico problema è quello di trovare una stanza per cambiarsi”.

    Per leggere le altre storie del reportage, clicca qui.

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