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    Le copertine dell’Economist

    Stupiscono, inducono a riflettere, e molto spesso fanno male. Non solo all'ex Cav

    Di Davide Lerner
    Pubblicato il 11 Gen. 2016 alle 16:27 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 00:29

    “The Economist” parla chiaro, fin dalla copertina. Il titolo e l’immagine d’apertura raccontano fin da subito di una presa di posizione – sempre chiara, spesso tagliente. E’ il caso della cover su Silvio Berlusconi, “l’uomo che ha mandato in vacca un intero paese” (il colloquialismo è fedele all’inglese “screw”, che letteralmente significa avvitare ma in gergo assume il significato di “fottere”, “sputtanare”).

    Non meno originale la copertina sull’ex dittatore Nord-coreano Kim Jong Il: quando nel 2008 sembrava deciso ad allentare l’isolamento della Corea del Nord, “The Economist” lo presentò sull’attenti sotto il titolo “Buongiorno, terrestri!”.

    Taluni trovano arrogante la pretesa di voler dettare la linea fin dalla copertina, per giunta con toni così dissacranti: “credono di avere la verità in tasca e fanno i brillanti”, commenta il fondatore del partito inglese Ukip Alan Sked, “ma sono solo noiosi”.

    Non mancano anche le copertine celebrative, come quella dedicata a Margaret Thatcher in occasione della sua morte nell’aprile 2013. Mentre a Londra nascevano spontanei sit-in di festeggiamento, in cui acerrimi detrattori intonavano “la strega e’ morta” stappando champagne, il direttore di “The Economist” dava le ultime indicazioni per una cover in cui la Lady di Ferro appare quasi ieratica con i capelli argentati al vento e la scritta “Combattente per la libertà”.

    Vedi nell’articolo principale “Dentro l’Economist” la copertina su Berlusconi. Sotto tutte le altre citate

    Ci sono poi le copertine prescrittive, come quella supplichevole rivolta ai compatrioti a nord del Vallo Adriano in occasione del referendum scozzese: “Non lasciateci così!”. O quella sulla Siria nell’Agosto 2013, quando le armi chimiche di Assad fecero balenare l’ipotesi di un intervento: “Colpitelo con forza”, titolava il giornale.

    Quello dell’intervento militare a scopo umanitario è argomento delicato a “The Economist”, visto che il settimanale si oppose a intervenire nei Balcani negli anni ’90 per poi promuovere l’invasione americana in Iraq nel 2003. Entrambe le prese di posizione sono più che discutibili col senno di poi.

    Insomma, le copertine dell’Economist sono controverse e passano difficilmente inosservate. Lo sa bene Matteo Renzi, che quando fu ritratto con un gelato in mano sulla “nave Europa” che affondava volle rispondere con l’ironia e si fece mandare un gelataio nel cortile di Palazzo Chigi.

    Proprio con l’Europa ha voluto chiudere l’ex direttore John Micklethwait, ora passato a dirigere Bloomberg: la sua ultima copertina ritrae la Venere di Milo con la pistola in mano mentre sfida Angela Merkel.

    Molto bella anche la sua copertina esplicativa del Novembre 2013, che illustrava come il Regno Unito si trovasse a un bivio fra “Little England” e “Great Britain” con i referendum sulla Scozia e poi sull’Unione europea. Il primo è andato bene, fra non molto vedremo da che parte Londra vorrà andare rispetto a Bruxelles. 

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