Lady Diana: le cause della morte della principessa, come e perché è morta
Sono passati 24 anni da quel tragico 31 agosto 1997, quando Lady Diana morì in un drammatico incidente nel tunnel dell’Alma a Parigi. Se ne è andata così la principessa del popolo, che ha rivoluzione la corte reale inglese, divenendo uno dei personaggi più amati in tutto il mondo, un vero e proprio mito anche a distanza di tanti anni. Ma quali furono le cause della morte di Lady Diana? Nel corso degli anni si sono fatte le teorie più disparate, fino a quelle più complottistiche. A luglio Lady Diana avrebbe compiuto 60 anni invece la sua vita si spezzò a soli 39 anni. L’affetto della gente però non è mai venuto meno, tanto che oggi Rai 1 la omaggerà con un documentario in prima serata, D. Time – Il tempo di Lady D.
Nata il 1º luglio 1961, in una meravigliosa zona del Norfolk, a Sandringham, nella magione vittoriana di campagna chiamata Park House. Diana Spencer era la quarta dei cinque figli del visconte e della viscontessa Althorp e apparteneva a una delle più antiche e importanti famiglie del Regno Unito, gli Spencer. La sua vita cambiò per sempre quando nel 1981 sposò Carlo, principe del Galles, erede al trono del Regno Unito, da cui divorziò nel 1996 e da cui ebbe due figli, Henry e William.
Considerata una principessa ribelle per la sua voglia di cambiare le rigide abitudini di Buckingam palace, fu amatissima dalla gente comune, meno dall’establishment e persino dalla stessa Regina Elisabetta. Entrò nel mito dopo la sua morte, avvenuta 24 anni fa, nelle prime ore della notte di domenica 31 agosto 1997, in un incidente stradale avvenuto nella galleria che passa sotto il Ponte de l’Alma a Parigi. Insieme alla Spencer morirono l’imprenditore Dodi Al-Fayed, suo compagno, e il conducente dell’auto sulla quale viaggiava la coppia, Henri Paul; sulle cause dell’incidente sono state fatte numerose ipotesi e sono state operate delle vere e proprie speculazioni mediatiche su un vasto complotto che vedrebbe i mandanti in alcuni membri della famiglia reale e attuatori i servizi segreti britannici.
L’antefatto
Sabato 30 agosto 1997, Diana lasciò la Sardegna a bordo di un jet privato e arrivò a Parigi insieme a Dodi. La coppia aveva trascorso gli ultimi nove giorni sullo yacht Jonikal di proprietà del padre di Dodi, navigando lungo le coste dell’Italia e della Francia. I due dovevano rientrare a Londra, ma decisero di fermarsi a Parigi per trascorrere lì una notte all’Hôtel Ritz, di proprietà della famiglia Fayed. Resisi conto di essere stati avvistati dai paparazzi e prevedendo un loro imminente arrivo in massa nell’albergo, la coppia decise di lasciare l’hotel e trasferirsi in un appartamento in Rue Arsène Houssaye, sempre di proprietà del padre di Dodi. Il capo della sicurezza dell’albergo Henri Paul decise di accompagnarli guidando personalmente l’auto. Un’auto esca venne fatta uscire dall’ingresso principale, dove già una nutrita schiera di giornalisti aspettava, mentre Diana e Dodi uscirono da un ingresso secondario all’incirca alle 00:20 del 31 agosto. Con loro c’era anche Trevor Rees-Jones, membro della squadra di sicurezza privata della famiglia Fayed.
L’incidente e i soccorsi
Dopo aver lasciato rue Cambon e attraversato Place de la Concorde, l’auto si diresse lungo Cours la Reine e Cours Albert per poi imboccare il tunnel di Place de l’Alma. Poco dopo la mezzanotte all’ingresso del tunnel, l’autista Henri Paul perse il controllo della vettura che sbandò e andò a sbattere contro il tredicesimo pilastro di sostegno del tunnel. Mentre le vittime giacevano tra le lamiere dell’auto incidentata i fotografi raggiunsero il luogo dello schianto, chiamando i soccorsi e cercando di aiutare le vittime; alcuni scattarono anche delle fotografie. I soccorritori constatarono subito che gli airbag della vettura avevano funzionato normalmente ma che i passeggeri non indossavano le cinture di sicurezza. Dodi Al-Fayed, che sedeva nel sedile posteriore sinistro, sembrava morto al momento dell’impatto, così come Henri Paul. L’unico sopravvissuto, la guardia del corpo Rees-Jones, era ancora cosciente al momento dell’arrivo dei soccorsi, ma soffriva di gravi lesioni al viso. Secondo le dichiarazioni dei fotografi, si poté constatare che Diana era ancora viva, sebbene gravemente ferita, e mormorò diverse volte “Oh my God” (Oh mio Dio); la trovarono distesa sul pavimento del veicolo, con la schiena rivolta verso terra, sanguinante dal naso e dalle orecchie. I vigili del fuoco tentarono inutilmente di rianimare Fayed che morì all’1,32. Paul e Fayed furono portati direttamente all’obitorio Institut Médico-Légal e non in ospedale. La causa del decesso fu individuata tramite autopsia e fu la medesima per entrambi: rottura dell’aorta e frattura della colonna vertebrale, nella zona cervicale per Fayed. Diana fu rimossa dall’auto circa all’1:00, subì un arresto cardiaco, e, in seguito alla rianimazione praticata sul posto, il suo cuore riprese a battere e fu trasportata all’ospedale Pitié-Salpêtrière. Nonostante i vari tentativi di salvarla, le lesioni interne erano troppo estese, il cuore si era spostato nella parte destra del torace, danneggiando la vena polmonare e il pericardio. Fu dichiarata morta alle 4 del mattino. Trevor Rees-Jones riuscì a sopravvivere ma a causa dell’amnesia che ne conseguì, dell’incidente non ricordò quasi nulla.
Le indagini
L’inchiesta giudiziaria avviata dalla polizia francese ha respinto più volte la volontà di Mohamed Al-Fayed di approfondire le indagini sull’ipotesi di un possibile complotto, mentre un’indagine parallela della polizia metropolitana inglese, sotto il nome di operazione Paget, ha analizzato proprio l’argomentazione su possibili infiltrazioni nell’incidente. Entrambe le inchieste hanno concluso che l’incidente fu scaturito dalla malevola condotta di Henri Paul, il guidatore, il quale sotto uso di alcolici e psicofarmaci fu la causa scatenante dello schianto mortale. Secondo la versione ufficiale l’autista Henri Paul era ubriaco e nella fretta di seminare i paparazzi ha causato l’incidente. Inoltre le vittime non indossavano le cinture di sicurezza che avrebbero potuto salvarli.
Lady Diana cause morte: Teorie del complotto
L’anno successivo, nel 1998 cominciano a circolare voci di un possibile coinvolgimento dei Servizi Segreti Britannici. Morti sospette susseguite nel tempo di persone più o meno collegate alla storia della morte di Lady D hanno dato credito a questa teoria, cui il più grande sostenitore è sempre stato Mohamed Al-Fayed. Ulteriore prova di un loro serio coinvolgimento sarebbero le dichiarazioni dell’agente dismesso presso i loro servizi, Richard Tomlinson, che per l’indagine Paget dichiarò che l’incidente fu provocato da alcuni agenti del MI6, che utilizzarono un raggio laser per accecare l’autista e farlo sbandare e ciò confermerebbe le testimonianze di chi affermava di aver visto un forte bagliore subito prima dello schianto. La polizia francese eseguì un mandato di cattura per Tomlinson nel luglio 2006 per il suo diretto coinvolgimento nella morte di Diana.
Sull’onda della teoria che vede il MI6 complice dell’incidente, il mandante del progetto omicida sarebbe da ricercare nel principe Filippo di Edimburgo, personaggio di spicco in un complotto che lo vedrebbe artefice della tragedia e capo dei servizi segreti deviati Il ritrovamento di una lettera scritta da Diana in persona alcuni mesi antecedenti la morte, in cui si spiega timorosamente la paura di venire uccisa tramite incidente stradale orchestrato dal suo ex marito Carlo. I motivi che avrebbero spinto la famiglia reale a uccidere la donna sarebbero da riscontrarsi nella sua relazione segreta con Dodi Al-Fayed, di cui Diana sarebbe rimasta incinta; un figlio di origini arabe, che quindi sarebbe diventato fratellastro dell’erede al trono, avrebbe creato una situazione molto imbarazzante per la corona britannica.