Michelle Bachelet è stata eletta ancora una volta presidente del Cile. La leader del partito socialista ha ottenuto il 62 per cento dei voti, conseguendo il miglior risultato mai ottenuto dal 1989, anno in cui il Paese è tornato ad avere delle elezioni democratiche. Tutti in Cile si aspettavano questo risultato, perfino la sua principale rivale, la conservatrice Evelyn Matthei, che aveva descritto la propria eventuale vittoria come un “miracolo” e ha ottenuto solo il 38 per cento dei consensi, il peggior risultato per la destra cilena negli ultimi 20 anni.
Michelle Bachelet è stata la prima donna presidente in Cile, governando dal 2006 al 2010, ma poi non ha potuto essere immediatamente rieletta per via del divieto previsto dalla costituzione. Adesso guiderà il Paese a capo di una coalizione tra il partito socialista, i cristiano-democratici e i comunisti e ha promesso di realizzare 50 riforme nei suoi primi 100 giorni di governo, una volta che avrà assunto la carica a marzo.
L’obiettivo della neopresidente è quello ridurre il gap spropositato tra ricchi e poveri che affligge il Paese, aumentando le imposte sulle società dal 20 al 25 per cento. L’aumento delle tasse servirà anche a riformare le strutture politiche ed economiche risalenti alla dittatura del generale Pinochet e ad offrire un’istruzione universitaria gratuita. Attualmente, infatti, gli studenti universitari cileni pagano tasse universitarie tra le più alte al mondo in termini relativi dal momento che in Cile l’84 per cento del costo dell’istruzione superiore cade sulle loro spalle, mentre solo il 16 per cento è finanziato dallo Stato.
La riforma dell’istruzione dovrebbe essere appoggiata anche dal gruppo di comunisti guidato da Camila Vallejo, la leader venticinquenne del movimento studentesco che nel 2011 ha occupato circa 700 scuole scuotendo tutto il Paese. Camila lo scorso mese è stata eletta in Parlamento e adesso si ripromette di tentare di cambiare le cose dall’interno, ma molti ex-sostenitori l’hanno accusata di essersi venduta alla politica delle poltrone.
Dal 1990, la percentuale di cileni che vivono con meno di 4 dollari al giorno è scesa dal 60 al 10 per cento – una notevole trasformazione. Tuttavia, questo progresso rimane affetto da un’estrema disuguaglianza: circa il 10 per cento della popolazione cilena detiene infatti quasi la metà del reddito nazionale, il più alto dell’America Latina.