Ancora un massacro a Gaza. Nel giorno di Natale si registra una fra le notti più sanguinose dall’inizio della guerra. L’esercito israeliano ha bombardato il nord e il centro della Striscia, colpendo il campo profughi di Al Maghazi. Le bombe sono state sganciate direttamente tra le case generando il terrore e causando la morte di almeno 70 persone. Corpi sotto le macerie, bambini inermi, donne incinte ferite e in alcuni casi prive di vita: è questo il tragico bilancio che emerge nella notte tra il 24 e 25 dicembre.
Molti fra i feriti bombardati nel campo profughi sono a mala pena riusciti a raggiungere l’ospedale Al Quds di Dir el Ballah, ad oggi l’unico luogo che ha ancora una qualche vaga similitudine con una struttura sanitaria. Israele spinge i civili verso zone sicure e protette che, però, bombarda ugualmente (vedi approfondimento di ieri su questa stessa pagina).
“Gli israeliani spingono la popolazione verso quelle che definiscono “zone sicure”, ma in realtà non ci sono più quartieri che non vengano colpiti”, è l’accusa dei funzionari dell’Onu locali. Secondo il ministero della Sanità – controllato da Hamas – le vittime palestinesi sono più di 20mila e 53mila i feriti. Al di là di chi li rivendichi, i numeri sono tragici. Una catastrofe.
Non c’è più acqua e cibo, elettricità, medicinali. Gaza è un cimitero a cielo aperto. Non esiste più una cosa chiamata Gaza. Non solo la Striscia: nella notte del bombardamento di Natale l’esercito israeliano ha compiuto diversi raid anche in Cisgiordania, tra cui a Jenin e Nablus.
Israele è sotto una crescente pressione internazionale (compresa quella USA) a causa della ferocia, dell’intensità e del prolungamento senza sosta degli attacchi condotti dall’esercito israeliano in risposta all’attentato di Hamas del 7 ottobre. Israele sin qui ha sganciato più bombe di quante non ne abbia sganciate l’America in un intero anno sull’Afghanistan.
Dalla stampa israeliana emergono critiche sempre più frequenti verso il governo Netanyahu e tra gli osservatori c’è anche chi parla di sconfitta militare. L’esercito israeliano ha subito la perdita di poco meno di venti soldati nelle ultime ore, il numero complessivo di vittime tra i militari è pari a 160 uomini.
L’obiettivo di Israele volto ad annientare Hamas, qualsiasi cosa ciò voglia dire, pare oggi sempre meno realizzabile. Quest’oggi il gabinetto di guerra israeliano si riunirà per affrontare la situazione. Non è chiaro quanti siano ancora gli ostaggi in vita.
Netanyahu ha detto: “Questa (strategia, ndr) è l’unica maniera per far tornare gli ostaggi, eliminare Hamas e assicurarci che Gaza non sia più una minaccia per il Paese…Ci vorrà tempo ma siamo uniti: soldati, popolo e governo. Siamo uniti e determinati a combattere fino alla fine…La guerra ha un prezzo pesante, molto pesante nelle vite dei nostri eroici soldati e faremo di tutto per salvaguardarle. Tuttavia, c’è una cosa che non faremo; non ci fermeremo fino alla vittoria”.