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    La rivolta dei giornalisti cinesi

    Un augurio per una Cina democratica viene censurato dagli organi di propaganda del partito. È la scintilla che accende una protesta di portata storica

    Di Maria Dolores Cabras
    Pubblicato il 7 Gen. 2013 alle 20:08 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 22:36

    La rivolta dei giornalisti cinesi

    Lasciate che i Cento Fiori sboccino! Così, in un discorso tenuto nel maggio del 1956 Mao Zedong aveva invitato gli intellettuali a esprimere pubblicamente critiche e aspettative sui quadri del Pcc, promuovendo una campagna di liberalizzazione mirata a migliorare la relazione tra il potere e il popolo. Quel fermento libertario, che aveva portato gli studenti dell’Università Beida di Pechino a insorgere contro il monopolio politico dell’informazione e alcuni giornali come il Guangchang a reclamare la libertà di stampa contro il controllo e la censura, si trasformò però in una crudele trappola punitiva verso i contestatori e sfociò nella repressione più severa.

    Da allora, poco sembra cambiato sul fronte delle libertà e dei limiti del giornalismo in Cina e, anzi, il dibattito è ancora lontano dal dirsi risolto. Giornalismo, arte e letteratura nel Paese sono al servizio della politica, o almeno su questo conta il regime. In questi giorni la redazione del Southern Weekly del Guangdong lo ha compreso a proprie spese, quando ha visto pubblicato sul giornale il tradizionale editoriale di ‘Saluto di Capodanno’ completamente censurato e riscritto dai funzionari del comitato locale di propaganda senza il consenso del direttore.

    “Il sogno della Cina, il sogno del costituzionalismo”, così il 2 gennaio i redattori avevano titolato il loro saluto, scritto da Dai Zhiyong: “Una Cina libera, democratica e prospera sotto il governo costituzionale non c’è mai stata […] Solo se il costituzionalismo è realizzato e il potere efficacemente controllato i cittadini possono esprimere le loro critiche al potere ad alta voce e con fiducia, e solo allora ogni persona crede in cuor proprio di essere libera di vivere la propria vita. Solo allora possiamo costruire una nazione veramente libera e forte”.

    Ma, con gran sorpresa di tutti, l’editoriale mandato in stampa titolava invece: “Ora siamo più che mai vicini al nostro sogno, il destino di ogni persona è strettamente legato al destino della nostra nazione e del suo popolo”. Una nuova versione in cui è stato cancellato ogni riferimento a ‘democrazia’, ‘riforma’ e ‘costituzionalismo’ e per giunta piena di strafalcioni linguistici e storici. A violare il protocollo di propaganda e ad apportare le modifiche dello speciale del giornale per Capodanno sarebbe stato Tuo Zhen, capo della propaganda della provincia del Guangdong, che avrebbe inoltre aggiunto al testo censurato un suo personale messaggio introduttivo: “Perseguire i nostri sogni”.

    La politicizzazione della stampa e il controllo del Partito sui media non sono mai stati così sfacciatamente manifesti. Nella piattaforma dei microblog cinesi si accendono le critiche ai comitati di propaganda e censura, tacciati alla stregua di ‘stupratori’ dell’informazione, e la polemica travalica i confini della provincia del Guangdong e si estende all’intera nazione, scontrandosi con il macchinoso apparato dello Stato-partito.

    Un gruppo di ex giornalisti del Southern Weekly, incluso l’ex direttore Qian Gang, il 4 gennaio ha pubblicato una lettera aperta per manifestare ai lettori il proprio dissenso rispetto agli strani incidenti capitati al giornale e chiedono le dimissioni del capo della propaganda della provincia, Tuo Zhen. David Bandurski del Centro di studi sul Giornalismo e sui Media dell’Università di Hong Kong ha riportato la versione originale della lettera sul sito China Media Project:

    “Noi denunciamo pubblicamente e fieramente questo incidente. È nostra opinione che le azioni del ministro Tuo Zhen abbiano oltrepassato i limiti, che siano dittatoriali, che siano ignoranti ed eccessive […] Se i media perdono credibilità e influenza, poi ci chiediamo, come parlerà il Partito? Come intenderà convincere il popolo? Si può dire che le azioni intraprese da questo ministro portino il popolo e il partito al governo a separarsi nei loro pensieri e comportamenti. Come è possibile che questo sia l’interesse del Partito? Le sue azioni in questo momento sono viste non solo come quelle di rappresentante del dipartimento di propaganda provinciale del Guangdong, ma come molti hanno chiesto online: tutti questi gesti di apertura e di larghezza di vedute della nuova leadership centrale, sono reali o sono solo di facciata? […] Infine, in modo chiaro e certo sosteniamo i nostri ex colleghi ancora al Southern Weekly. Sia per lealtà, sia per il senso di giustizia o dei principi cari al nostro cuore, noi stiamo con loro. Noi ci opponiamo a questo stile brutale di trattare con i media. Questo stile nasce in parte dalla burocrazia e in parte da interessi personali. Ma è catastrofico sia per i media e sia per gli interessi del partito al potere. Come può un Paese determinato a diventare una nazione culturalmente forte ricorrere a metodi privi di cultura per gestire la cultura? Come può un Paese che sta costruendo la sua immagine internazionale permettere alla gente di utilizzare metodi rozzi e arbitrari che danneggiano la sua reputazione? Con la presente sottoscriviamo il seguente appello:

    1. Che il Ministro Tuo Zhen sia giudicato inadatto a mantenere la sua attuale posizione e costretto a rassegnare le dimissioni ai sensi dell’articolo 14 del Regolamento provvisorio sulle dimissioni di quadri di partito e di governo, presentando pubbliche scuse.

    2. Che l’onore e la responsabilità di quei redattori e giornalisti del Southern Weekly che hanno espresso le loro obiezioni siano riconosciute e che non vengano adottate azioni punitive nei loro confronti. Inoltre, che i loro account su Sina Weibo siano riattivati immediatamente.

    3. Che il Comitato di redazione del Southern Weekly possa riprendere le sue normali attività.

    L’iniziale ottimismo riposto nella nuova leadership al potere e in una imminente svolta riformista e libertaria di Xi Jinping è ormai rimbalzato contro un muro di gomma. Ma i giornalisti e gli intellettuali non ci stanno, quasi 100 membri dello staff editoriale hanno proclamato lo sciopero e gridano ancora più forte perché il regime di Pechino, un gigante sordo, possa sentirli e allentare la morsa. Mentre studenti e attivisti sfilano nelle strade brandendo mazzi di crisantemi. Che i Cento Fiori sboccino!

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